di Marta Donolo
“Programma il futuro – Professioni, arti e mestieri al tempo del coding”, è il titolo dell’iniziativa del Miur realizzata dal Cini e in collaborazione con l’Intergruppo Innovazione. Iniziata nel 2014, il programma ha coinvolto un milione e mezzo di studenti con più di 10000 ore di insegnamento.
A presentarla il Simone Baldelli, vice-presidente della Camera, che l’ha definita una “best-practice” europea per l’innovazione digitale, evento che cade durante la Settimana dell’Educazione internazionale all’informatica o, in modo più diretto, Settimana del codice, come viene chiamata dagli studenti. L’incontro, svoltosi il 6 dicembre, è stato strutturato in due panel: “Il pensiero computazionale come abilità culturale fondamentale per ogni cittadino” e ” Le competenze digitali come elemento chiave della competitività del Paese”, per comprendere sia gli impatti micro che macro del digitale.
L’insegnamento dell’informatica nelle scuole diventa così uno strumento utile a capire le tecnologie che utilizziamo ma anche le norme comportamentali sulla privacy e la gestione di fenomeni quali il cyberbullismo. E’ importante però dare continuità a queste iniziative, superando barriere strutturali, in quanto le istituzioni devono essere in grado di gestire l’impatto socio-economico delle tecnologie esistenti. La contaminazione delle PMI con il digitale è già in atto, facilitata dalle tecnolgie e dalla formazione delle aziende alla trasformazione digitale.
I paesi europei stanno attualmente riflettendo sull’importanza della formazione digitale nelle scuole, momento si rispecchia nella capacità della futura classe dirigente a contribuire allo sviluppo economico. E’ necessario infatti tenere presente le nuove figure professionali emergenti, in quanto il lavoro avrà nel futuro un saldo positivo, attraverso il cosidetto skill matching o incontro di competenze richieste e offerte. Il progetto si rivolge quindi prevalentemente a chi usa le tecnolgie e a chi cerca di usarle in modo ragionato, in quanto il pensiero digitale non soffre di obsolescenza tecnologica. La formazione non deve puntare a sviluppare solo competenze digitali ma portare queste competenze fuori dalle aule, riuscendo a fare emergere i vantaggi competitivi del digitale.