“Parte oggi la sperimentazione del taser, che chiediamo da tempo immemore a fronte della crescente sequela di violenze sulla pelle dei poliziotti italiani. E in questo momento, storico per quanto è stato atteso, registriamo l’intervento contro l’utilizzo di questa fondamentale dotazione da parte di Amnesty Italia che ha perso un’ottima occasione per tacere o per occuparsi di qualcosa di veramente allarmante e vergognoso, come i quasi duemila appartenenti alle Forze dell’ordine feriti ogni anno in Italia. Un uomo o una donna in divisa aggrediti ogni quattro ore, e questo solo sulle strade, come registra l’Asaps. Ma molti di più considerando servizi di ordine pubblico, attività operative sul territorio, e ovviamente le continue, quotidiane aggressioni nelle più svariate e impensabili situazioni che, certamente, gli attenti osservatori di Amnesty non immaginano neppure”.
Così Valter Mazzetti, Segretario Generale Fsp Polizia, Federazione Sindacale di Polizia, nel giorno in cui prende il via in dodici città la sperimentazione dell’uso della pistola ad impulsi elettrici, non senza critiche e polemiche sollevate, in particolare, da Amnesty International Italia che ha espresso “preoccupazione” chiedendosi “chi monitorerà l’uso dei taser”.
“La solita intollerabile ipocrisia – si infuria Mazzetti -. Una parzialità, quella sfacciatamente mostrata da Amnesty, che toglie a certi ragionamenti ogni possibile credibilità. Sono anni che chiediamo mezzi che stiano a metà strada fra l’utilizzo delle pistole di ordinanza e le nude mani, che ci consentano interventi sempre più appropriati a garanzia della sicurezza di tutti, altrui ma anche nostra. Ma se questo ora non va bene, ci chiediamo se Amnesty preferisca dunque l’uso dell’arma da fuoco, o forse piuttosto che subiamo le aggressioni come fantocci. Si perpetua in malafede il grosso equivoco che chi veste la divisa debba per questo farsi picchiare o ammazzare. Non è affatto così. I poliziotti non sono buttafuori da strada. Un operatore della sicurezza non dovrebbe entrare in contatto con chi lo aggredisce. Ma a fronte di questo in Italia le possibilità di difendersi sono già molto limitate. Richiamare l’esempio degli Usa non serve a nulla, nel nostro Paese contiamo una triste e lunga serie di vittime in divisa che hanno preferito subire piuttosto che difendersi usando la forza. Qualcuno ricorderà, su tutti, il nome di Francesco Pischedda, o i tanti, tantissimi nomi di colleghi pestati, accoltellati, buttati nei dirupi, che non hanno messo mano alla propria arma, e che non avevano altro da usare. Ma Amnesty no. Ad Amnesty sono osservatori attenti ma con la memoria corta. Ad Amnesty, da quel che capiamo, vogliono forse proporre un mazzo di fiori contro un soggetto alterato e fuori controllo, una poesia contro un machete, una ninna nanna contro un ubriaco scatenato in mezzo alla gente”.