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L'aggressione turco-azera contro l'Artsakh e l'Armenia

L'aggressione turco-azera contro l'Artsakh e l'Armenia

di Vahan V. Yeghiazaryan,
presidente del movimento armeno “Zargatsum” (“Sviluppo”), in esclusiva per Eco dai Palazzi.
Negli ultimi tempi stiamo assistendo ad una forte attivazione della politica militare turca in tutte le regioni adiacenti. La Turchia ha assunto un atteggiamento aggressivo in Libia, nella piattaforma continentale della Grecia, in Siria e in Iraq. L’aggressione turco-azera contro l’Artsakh e l’Armenia è stata il passo successivo.
Il 27 settembre, di mattina presto, truppe azere supportate da aerei da combattimento turchi F-16, da operatori di droni turchi Bayraktar e da mercenari siriani inviati dalla Turchia facenti parte di gruppi associati all’organizzazione terroristica Fronte al-Nusra, hanno attaccato le posizioni avanzate dell’Esercito di difesa dell’Artsakh lungo tutto il confine tra Artsakh e Azerbaigian.
I combattimenti in corso sono di un’intensità senza precedenti. Nella fase più recente della sua storia, l’umanità non aveva ancora visto scontrarsi tra loro gli eserciti di Stati così tecnologicamente avanzati. Battaglie tra carri armati, l’uso di lanciarazzi multipli “Smerch”, di sistemi lanciafiamme pesanti “TOS”, e molto altro ancora.
Si tratta di un test straordinario per la comunità internazionale. Se quest’ultima non interverrà per costringere la Turchia e l’Azerbaigian alla pace, assisteremo alla comparsa di un triste precedente nella storia delle relazioni internazionali che rischia di essere interpretato da altri Paesi come un lasciapassare all’uso della forza.
Il 27 settembre, sfruttando il fattore sorpresa, l’inaspettato forte sostegno turco all’offensiva, l’Azerbaigian ha lanciato un attacco, riuscendo a occupare diversi capisaldi di confine dell’Esercito di difesa dell’Artsakh.
Tuttavia, l’Azerbaigian non è stato in grado di consolidare i suoi successi, e nella notte del 28 settembre le unità armene, a seguito di una controffensiva riuscita, hanno condotto una serie di operazioni brillanti, respingendo le forze turco-azere sulle loro posizioni di partenza in quasi tutte le direzioni.
Fin dai primi minuti dell’aggressione, i giornalisti del canale turco TRT ne hanno fornito la copertura, a riprova della pianificazione congiunta di questa operazione militare da parte dei presidenti turco e azero, Recep Erdogan e Ilham Aliyev.
Attualmente sono in corso scontri violenti nei settori settentrionale, nord-orientale e sud-orientale del confine tra Artsakh e Azerbaigian. Il nemico ha aperto il fuoco contro la popolazione civile di quasi tutti i centri abitati dell’Artsakh. Si registrano morti e feriti tra i civili, la popolazione cerca rifugio nei bunker. Il diritto internazionale umanitario viene calpestato.
Ma questo non è ancora l’intero spettro degli scenari preparati dall’alleanza militare turco-azera.
Il fronte di Nakhchivan non è ancora stato attivato. Le truppe azere di stanza a Nakhchivan dispongono di armamenti offensivi e sono potenziate dalla presenza di unità turche e dai succitati terroristi di al-Nusra.
Il ministero degli Esteri armeno ha più volte messo in guardia contro un’imminente provocazione al confine tra l’Armenia e la Repubblica Autonoma di Nakhchivan. L’impressione è che un piano di questo tipo possa essere realizzato in caso di fallimento dell’offensiva turco-azera contro l’Artsakh.
Un altro scenario potrebbe consistere nella replica dell’offensiva del luglio scorso su Tavowš. In quel frangente l’esercito armeno era riuscito a consolidare le sue posizioni e a ripristinare il controllo sul rilievo strategicamente importante della “Montagna Nera”.
L’Armenia, da parte sua, si riserva il diritto di ricorrere alla “Dottrina Tonoyan” e, come risposta speculare, di spostare gli scontri nel territorio dell’Azerbaigian, occupando nuovi rilievi strategici.
Intanto giungono informazioni da varie fonti curde e russe sul protrarsi del trasferimento di guerriglieri siriani di al-Nusra a Nakhchivan e Baku. Alla luce di ciò, possiamo supporre che quelli della Turchia e dell’Azerbaigian contro l’Artsakh e l’Armenia siano piani a lungo termine.
A un livello più ampio, stiamo assistendo a un’internazionalizzazione senza precedenti del conflitto del Nagorno-Karabakh. Se prima le parti in conflitto erano tre, ovvero Azerbaigian, Artsakh e Armenia, ora anche la Turchia vi partecipa direttamente.
Tutto questo sta avvenendo in una regione che fin dall’inizio del XIX secolo ha rappresentato una zona di interesse esclusivo della Federazione Russa. Quest’area rientra nell’ambito dell’Organizzazione del trattato di sicurezza collettiva. Questa “esclusiva” della Russia ha di fatto cessato di esistere il 27 settembre 2020.
La Turchia ha rafforzato le sue posizioni nell’area. Dal luglio di quest’anno, le truppe turche si trovano sul territorio dell’Azerbaigian e dal 27 settembre vengono impiegate nella regione, apertamente e sfacciatamente.
Una grande sfida è stata lanciata alla Russia, più grande del confronto tra Russia e Turchia in Siria o in Libia. La Transcaucasia è una regione adiacente al Caucaso russo, con un’ampia gamma di sfide alla sua sicurezza.
Oggi vanno delineandosi nuove zone di influenza e di responsabilità. Mosca è in ritardo e ha già perso certe posizioni a favore di Ankara. Col passare del tempo, il confronto tra le due potenze non farà che acuirsi.
L’Armenia e l’Artsakh si trovano ora in prima linea nella lotta al terrorismo internazionale, al neoimperialismo turco e al nazionalismo azero.
L’Armenia fa parte del mondo cristiano orientale e della “grande Europa”. E ha bisogno del sostegno dei suoi alleati.
Vahan V. Yeghiazaryan su Facebook e su BlogSpot:
Traduzione a cura di Giulia Zanette

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