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Caos procure, parla Luca Palamara: "Questo è il meccanismo nella magistratura"

A tre giorni dalla sua radiazione dalla magistratura, parla Luca Palamara. Il fulcro è come vengono distribuiti gli incarichi in magistratura, sull’opacità che caratterizza il sistema e sulla così chiamata degenerazione correntizia. E a riguardo, l’ex pubblico ministero a Reggio Calabria e Roma, ex presidente dell’Anm ed ex consigliere del Csm, è stato intervistato da stamane Simone Spetia a Radio24

Si sente un capro espiatorio Palamara? “Guardi, in questo momento io mi sento, più determinato a fare i ricorsi e in ogni caso a ristabilire la verità in merito a quanto accaduto sia in riferimento al fatto specifico della notte all’hotel champagne, sia in generale su quella che è stata la mia attività come esponente di una corrente e quindi anche in riferimento alla distribuzione degli incarichi. Il mio interesse è non essere il capro espiatorio e non ho intenzione di pagare io per tutti, penso sia fondamentale e nell’interesse di tutti poiché la giustizia è un bene superiore”.

Quello che è chiaro a tutti, è che è il sistema funziona così e che lei era un pezzo se non il centro di questo sistema? “Proprio per questo motivo, non posso ignorare le critiche che sono arrivate nel corso degli anni al sistema delle correnti e anche nella mia condotta. Nel mio comportamento direi una cosa che non risponde al vero, ero consapevole di far parte di un meccanismo e lo dico in maniera molto chiara. Mi sono sempre battuto affinché questo sistema possa cambiare, fatto sta che io quel contesto ero uno dei rappresentanti dei gruppi e necessariamente dovevo interfacciarmi con i rappresentanti degli altri gruppi.”

Palamara, lei dice di aver sempre lottato contro questo sistema, ma da quello che apprendiamo viene fuori che lei fosse ben contento di gestire questo pezzo di potere? “Non ho nessuna difficoltà a risponderle. Quando viene registrata una conversazione privata, il linguaggio utilizzato non è consono a quello che dovrebbe essere il comportamento di un magistrato, è un linguaggio che si sente sicuramente di una inflessione dedicata a quella che in quel momento stava realmente avvenendo, la spartizione delle nomine, perchè, tra – purtroppo, e sottolineo purtroppo – questa tipologia di accordi spesso sono il frutto di estenuanti accordi nell’ambito dei gruppi associativi, nell’ambito del rapporto con la componente laica, nell’ambito del rapporto con la politica”.

Mi scusi Palamara, ma al di là del testo delle conversazioni, lei a questa pratica non si è sottratto. Dice ‘l’ho combattuta’, ma di fatto non si è mai realmente sottratto? “Assolutamente, ne sono stato protagonista e questo non posso negarlo. Perchè non lo dico io, lo dicono autorevoli esponenti della magistratura progressista. Purtroppo la pratica rientrata all’interno della magistratura è una pratica diffusa e si ulteriormente sviluppata nel momento in cui nel 2007 una legge dell’ordinamento giudiziario ha introdotto il principio della prevalenza del merito sull’anzianità, determinando una corsa sfrenata all’incarico. Questo è quello che è accaduto all’interno della magistratura”.

Una corsa sfrenata all’incarico, che immagino non muoia con lei? “Io ovviamente sono chiamato a rispondere dei miei comportamenti, è ovvio che poi oggi si afferma ci sia un nuovo corso un cambiamento, sono uno spettatore e sono curioso di comprendere e di vedere come il cambiamento verrà realizzato”.

Palamara, quando inizierà a fare i nomi? “Anche su questo discorso vorrei essere molto chiaro: io non ho bisogno di fare nomi, credo che in questo momento la priorità sia ricostruire come sia il reale funzionamento di questo meccanismo, perchè altrimenti diamo una rappresentazione diversa di ciò che è accaduto. Se riteniamo che il sistema delle correnti sia impregnato solo nella figura di una persona e che questa persona ha mosso a suo piacimento pedine, persone, uomini e donne, ne diamo una rappresentazione non corrispondente a quello che è realmente accaduto. Penso a questo sia molto più importante mettere sul tavolo tutte le situazione, verificarle e confrontarle, perchè come faceva riferimento lei alla registrazione del Trojan avvenuta quelle fatidica notte, ne ricaviamo solo uno spaccato, non quello che realmente stava avvenendo. Perchè a oggi troppe sono le domande rimaste in sospeso”.

Mi sembra di capire Palamara, che questa sia una chiamata in correità di tutto il sistema? “Credo sia giusto a oggi riflettere sul sistema, del quale ho fatto parte, rispetto al quale – giustamente lei mi ha detto – ero protagonista, io in quell’ambito ed in quel contesto ho operato e in quel contesto conosciuto da tutti, non solo da me. Era un contest rispetto al quale migliaia di magistrati si confrontavano, nonostante oggi si faccia di tutto per far capire che è opera di una persona sola, che la mela marcia era una singola persona. In realtà non è così, perché le situazioni da affrontare sono tante, ci sono tanti magistrati che quel sistema lo conoscono molto bene. Credo che sia nell’interesse di tutti avere maggiore tranquillità e sicurezza, che la giustizia si svolga secondo determinati canoni di autonomia e indipendenza”.

C’è il rischio che la vicenda si chiuda con lei? “Assolutamente sì, ecco perchè in questo momento in me prevale la determinazione a dire la verità, io mi sono sempre ispirato professionalmente – al di là degli errori sui quali penso ci sia poco da dire – ai principi di una ‘giustizia giusta’ dell’affermazione dell’autonomia e dell’indipendenza della magistratura ed è per questo motivo che ho deciso di aderire al Partito Radicale per affrontare queste tematiche e queste situazioni”.

Si pente di come ha operato? “Sicuramente mi sarei dovuto imporre molto di più, per affermare i principi per i quali mi sono sempre impegnato nella politica e associativa. Io ho sempre avuto nel mio animo la volontà di cambiamento, la volontà di una politica non spartitoria, non correntista. Mi sono adagiato su un sistema che invece dovevamo avere la forza di cambiare”.

Si è prestato a questo sistema? “La parola ‘prestato’ è facile usarla adesso, a volte di molte cose non ci si rende conto, si pensa di non stare dalla parte sbagliata e di dover in qualche modo gestire un potere. Un potere molto difficile, un potere dove c’è un fortissima ambizione personale, caratterizzato da personalità molto importanti che dominano non solo la vita giudiziaria, ma anche pubblica e in parte politica del Paese. E gestire tutta situazione non è una delle operazioni più facili. Purtroppo quando si deve scegliere chi comanda – in qualsiasi ambito aziendale ‘importante’ – è sempre difficile, l’errore è dietro l’angolo”.

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