Il convegno dal titolo “Militanza politica e crisi dei partiti, verso nuove forme di partecipazione democratica?”, organizzato in Sala della Regina di Palazzo Montecitorio in occasione del “primo memorial Donato la Lamorte”, è stato momento di ricordo. Lamorte, rappresentato in sala dal nipote Valerio con la sua associazione no-profit, era stato ai tempi del Movimento sociale italiano capo della segreteria politica di Giorgio Almirante prima e di Gianfranco Fini dopo. Leale ma mai servile, riservato ma curioso – così è stato descritto – divenne Onorevole della Repubblica nella XIV° Legislatura all’eta’ di settantanni e fino alla XVI° fu rieletto a Montecitorio prima di preferire far spazio a chi più giovane.
Ad animare il dibattito sono stati gli ultimi tre ex Presidenti della Camera dei deputati: Pierferdinando Casini, Fausto Bertinotti e Gianfranco Fini. Tre culture politiche a confronto come quella democristiana, social comunista e liberale. Parole e tesi per capire i cambiamenti, la crisi e lo stato attuale dei soggetti politici e dei loro attori. Si è fatto cenno a quegli avvenimenti storici che in modo diverso hanno costituito l’inizio di un cambiamento partecipativo e strutturale dei partiti. L’uccisione di Aldo Moro, la caduta del muro di Berlino, Tangentopoli e l’avvento determinante del web, avrebbero rappresentato fasi differenti che hanno plasmato una trasformazione forse ancora in corso.
Per Casini “la passione politica si ha o non sia ha”, la partecipazione alla politica sarebbe in calo perché “si sta disperdendo la memoria di chi l’ha resa, come Lamorte, dignitosa. Anche internet, se da un lato ha rappresentato una grande opportunità, per la politica è diventato mezzo di mistificazione della realtà, di populismo”. Del momento di declinazione alla partecipazione e dunque di rigetto alla militanza partitica, Bertinottiha dato una spiegazione severa: “Rispetto al passato viviamo un’altra epoca politica, chiamiamo partiti quello che oggi di fatto non lo sono”. Per l’ex sindacalista milanese il problema principale che genera storture nella partecipazione democratica alla vita politica e nella definizione dei partiti, è la mancanza di ideali d’appartenenza e nella centralità del governo. “Senza una vera ideologia non c’è appartenenza ed oggi sono convinto che viviamo in una società post democratica dove esiste un solo sovrano che si chiama governo. Tra un po’ non avremo bisogno nemmeno di votanti”. Ma è Fini a sottolineare senza apparentemente rimpianto, come di chi non vive più la politica in prima persona, l’attenuata rappresentatività deipartiti; quei contenitori politici che a detta dell’ex leader di Alleanza Nazionale, “rispetto a poco tempo fa appaiono snaturati ed incidono assai meno”.
I protagonisti del dibattito hanno sicuramente individuato nelle “nuove forme di partecipazione democratica” il ruolo, più o meno opinabile, che ha assunto negli ultimi tempi il movimento di Beppe Grillo che lo stesso Fini ha definito “apolitico, in-politico, ma comunque rispettabile se si pensa che ha la capacità di portare il 20 per cento dei cittadini italiani a votare. L’affluenza bassa al voto descrive la condizione del Paese che attraversa una crisi profonda. Oggi, purtroppo, sembra non esserci dibattito ne contesa politica”. Ma cos’è dunque che può riappassionare il confronto, ravvivare i partiti e riavvicinare alla militanza politica? Per Fini, le identità. Le differenze che – sostiene – esistono ancora: “è compito della politica evidenziarle, viviamo la decadenza perché non può esistere società che nega la politica; forse in futuro ci sarà un nuovo protagonismo, ma sicuramente non vedremo la politica come l’abbiamo conosciuta”.
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Dario A.
7 Aprile 2016 at 13:50
Non capita tutti i giorni di ascoltare tre politici con il loro passato in un’unica giornata, anche se non li rimpiango. Il giornalista che ha moderato il convegno poteva essere più malizioso, invece ha solo fatto da introduttore.