Mercoledì 6 aprile il Senato ha approvato definitivamente, con voto di fiducia, il decreto riguardante la riforma delle Banche di credito cooperativo (Bcc) e la garanzia dello Stato sulle cartolarizzazione dei crediti in sofferenza.
Il provvedimento, che ha visto l’apporto di alcuni importanti cambiamenti nell’esame di Palazzo Madama, è stato approvato rapidamente dal Parlamento anche per l’urgenza di un intervento in materia di Bcc.
LE BCC
Il sistema bancario italiano è costituito per il 56% del totale delle banche da 364 fra Bcc e Casse Rurali. Si contano 4.450 sportelli, un patrimonio di 20,5 miliardi di euro, oltre un milione e duecentomila soci, impieghi per 135 miliardi e 161,5 miliardi di euro dalla raccolta da clientela.
Le quote di mercato delle Bcc arrivano soprattutto dal comparto artigianale (22,5%) e da quello agricolo (18,3%), così come dal mondo dell’alloggio e della ristorazione, dalle costruzioni, dal commercio e dal terzo settore.
LA SITUAZIONE DELLE BCC: EROSIONE DEI PROFITTI E VULNERABILITÀ DEL SISTEMA
Nell’attuale fase economico-finanziaria e del mercato dei capitali, emerge tutta la debolezza del modello di governance delle Bcc, che produce una difficoltà nel rafforzamento patrimoniale, storicamente risolta attraverso un autofinanziamento oggi impossibile, a causa dell’erosione dei profitti. Pertanto, considerando anche le nuove regole di vigilanza europea, il sistema delle Bcc doveva essere spinto verso il mercato dei capitali: per fare questo, è stato necessario rafforzare il patrimonio delle Bcc e, di conseguenza, mettere mano all’intero sistema, come appunto ha fatto il Governo con questo decreto.
Peraltro, un altro problema era dato dalla vulnerabilità delle Bcc, a causa dell’aumento della quota dei cosiddetti “crediti deteriorati”, che in alcuni casi può essere derivata anche da una cattiva gestione o da scelte bancarie errate, nonché da un rapporto più profondo con l’economia reale. Inoltre, in questi anni di crisi le criticità sono aumentate, poiché le Bcc hanno finanziato il sistema (duramente fiaccato) di piccole e piccolissime imprese e, essendo più esposte, oggi hanno un aumento dei crediti deteriorati e un tasso di copertura inferiore a quello del sistema. Anche questa situazione andava sanata.
Ecco, dunque, i principali punti di intervento del provvedimento che interviene sulle criticità più evidenti del sistema.
HOLDING UNICA. Le Bcc non potranno più continuare a svolgere attività bancaria, se non aderiranno a un grande gruppo cooperativo, la cosiddetta “holding” unica. La soglia di patrimonio per la holding capogruppo è fissata a 1 miliardo.
WAY OUT. Le Bcc che non vogliono aderire alla holding, se al 31 dicembre 2015 avevano più di 200 milioni di patrimonio netto, avranno 60 giorni di tempo (a partire dalla conversione definitiva del decreto) per decidere, da sole o con altre più piccole, di fare istanza a Banca d’Italia per conferire l’attività bancaria a una Società per azioni (Spa). Ottenuto il via libera, sarà possibile affrancare le riserve indivisibili, dopo il pagamento del 20% del patrimonio netto come tassa ordinaria.
RIVALUTAZIONE DEL CAPITALE. Si tratta di una scrittura contabile interna, che sposta dalle riserve al capitale la somma indicata. Le banche detentrici delle quote potranno rivalutarle, pagando le tasse sulla plusvalenza. Solo dopo aver introdotto questa misura, le banche in eccesso rispetto al limite del 5% potranno vendere quote del loro capitale: in questo modo a pagare non sarà lo Stato ma gli investitori che compreranno tali quote.
GARANZIA STATALE. La garanzia statale per le cartolarizzazioni delle sofferenze bancarie (Gacs) non riguarderà solo le banche, ma anche gli intermediari finanziari iscritti all’albo. Per questo, si prevede che il fondo ad hoc del Ministero dell’Economia e delle Finanze passa da 100 a 120 milioni di euro. Le sofferenze potranno essere trasferite per un importo non superiore al loro valore contabile netto alla data della cessione.
(image: bccsanteramo.it)