La deputata Paola Binetti di Ap ha tenuto, presso la sala stampa della Camera dei deputati, una conferenza sulla spinosa questione dell’educatore socio-sanitario, partendo dal testo della proposta di legge “Disciplina delle professioni di educatore professionale, educatore professionale sanitario e pedagogista.
Testo unificato C. 2656 Iori e C. 3247 Binetti.”
Il disegno di legge nasce dalla necessità di togliere da una situazione di banalizzazione il ruolo dell’educatore, a causa delle modalità di acquisizione del ruolo stesso, spesso ottenuto con “qualche corso o corsetto” di poche settimane.
Quello che emerge dal testo però è una figura, a giudizio della deputata di Area Popolare, totipotente. La nuova figura assorbirebbe tante, troppe competenze, e quindi sarebbe incapace di rispondere esaustivamente alla domanda di professionalizzazione; se non nell’esigere un titolo universitario al fine di accedere al ruolo.
Non convince quindi che tra le figure dell’educatore socio-pedagogico e quello socio-sanitario, ci sia un evidente sbilanciamento: molto di più a favore del primo, a cui viene riconosciuta una grande quantità di ambiti, che vanno dall’età 0-3 anni alla dispersione scolastica, dagli immigrati ai carcerati, dalle crisi familiari all’orientamento nel campo del lavoro, all’educazione ambientale, culturale e ai beni culturali.
Binetti lancia l’allarme di una certa “mano rampante in campo altrui” che avrebbe espropriato alcune delle competenze dell’educatore socio-sanitario, che ha dei confini molto precisi a partire dal suo intervento professionale di carattere sanitario e sociale, come recita il decreto che istituisce questo corso di laurea.
Per Binetti questa figura necessita di una salvaguardia specifica: “l’art. 32 della Costituzione tutela la salute come bene individuale e della collettività. Se vogliamo tutelare la salute come bene individuale e della collettività – continua- dobbiamo fare in modo che tutte le volte che c’è un problema che ha riflessi importanti nel campo della salute, ci siamo figure che occupandosene offrano tutte le garanzie culturali, umane e professionali che fanno di questo bene una tutela reale e non un semplice enunciato di principi”.