Ieri in Senato si è potuto assistere a una discussione molto accesa tra Giorgio Napolitano e Roberto Calderoli. L’ex-Presidente della Repubblica è intervenuto rispondere al vice-Presidente del Senato e al collega di partito Gian Marco Centinaio, in seguito alle accuse rivoltogli il 5 ottobre in Aula:
“Concludo dicendo che affrontare una riforma seria come quella che stavamo approvando (sulla quale si può essere poi più o meno d’accordo) faccia recuperare quella dignità che è stata tolta a questo ramo del Parlamento proprio da un collega, ex Presidente della Repubblica, che ha definito indegno il Parlamento e, quindi, anche questo Senato: indegni saranno sua sorella e suo fratello, non certo il Senato!“
Ecco la trascrizione dell’intervento di Napolitano:
Verrò subito al punto, prescindendo dalle invettive di una volgarità da suburra indirizzatemi sorprendentemente – dopo tanti anni, davvero, non me lo aspettavo – dal Vice Presidente del Senato. E in un caso come questo si ingiuriano non un singolo, ma le istituzioni.
Il senatore Centinaio ha preferito ricorrere in modo velatamente diffamatorio a espressioni derisorie per me come persona anziana. Su questi aspetti di linguaggio e costume dei due interventi non ho nulla da aggiungere. Suppongo se ne potrà parlare, nell’interesse della nostra istituzione, in sede appropriata.
Il punto politico che ho ragione di considerare grave sta nell’affermazione del senatore Calderoli, richiamata in Aula la mattina seguente dal senatore Centinaio, secondo la quale io avrei tolto a questo ramo del Parlamento la dignità, definendo indegno il Parlamento. Si tratta di allusioni alla risposta che diedi a braccio alla domanda di un giovane che, il 1° ottobre scorso, ha partecipato a Roma al corso di formazione politica dinanzi al quale ho presentato una lezione su temi politico-istituzionali.
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Da deputato per trentotto anni, da Presidente della Camera e infine da Presidente della Repubblica, ho sempre operato per valorizzare il ruolo del Parlamento e rafforzarne la funzionalità e il prestigio. Chiunque, per polemica elettorale in vista del referendum, tenda a negare e a macchiare questo mio incontestabile e costante comportamento, viene meno a ogni regola di minima oggettività e di rispetto istituzionale.
Calderoli, citato, ha risposto nelle sue conclusioni in questo modo:
Se ho sbagliato in qualcosa è nell’aver detto una frase fatta, ma le garantisco che ignoravo allora e ignoro oggi se il Presidente Napolitano sia figlio unico o abbia dei fratelli e ho sbagliato nel coinvolgerli: a nessuno può essere attribuita la colpa di avere un fratello Presidente della Repubblica. Concludo, signor Presidente, ricordando una frase, che ho pronunciato, credendo veramente in quella frase, in occasione di un compleanno del presidente Napolitano. Ho detto: «Caro Presidente, auguri! Lei è come il vino rosso, come l’amarone, che migliora ad ogni anno che passa». Devo ricredermi, perché anche i migliori vini, con troppi anni, rischiano di andare in aceto.