di Marta Donolo
La Commissione Attività produttive, durante l’esame dei progetti di legge C. 865 Abrignani e C. 3671-ter Governo in materia di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, ha svolto le audizioni dei rappresentanti di organizzazioni sindacali CGIL, CISL, UIL e UGL, dei rappresentanti di Alleanza delle cooperative italiane e dei rappresentanti di Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili.
L’ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria per le grandi imprese ha come limite il numero dei dipendenti, fissato nella delega a 400 dipendenti per la singola azienda e 800 dipendenti per le aziende che hanno più stabilimenti (il gruppo nel suo complesso). I principi fondamentali ispirati alla salvaguardia dei posti di lavoro e alla continuità aziendale devono quindi fare fronte ai limiti imposti in italia dalle dimensioni delle PMI passando dalla logica della liquidità a quella del risanamento economico-ambientale e del controllo della gestione aziendale. Di fatto, è importante che i criteri di insolvibilità tengano conto della dimensione dell’impresa, concedendo a imprese più piccole l’amministrazione straordinaria. Anche la durata dell’amministrazione straordinaria e la cessione degli stabilimenti deve essere ponderata in relazione al raggiungimento degli obiettivi. Un’altra osservazione a questo riguardo è il pericolo del crearsi di una “casta” di commissari straordinari che si scambiano procedure di amministrazione.
Durante la fase di valutazione iniziale diventa quindi importante un coinvolgimento dei rappresentati aziendali all’interno del comitato di sorveglianza, la definizione dei contenuti del programma di ristrutturazione, come anche il coinvolgimento del sindacato, in un confronto più istituzionalizzato. Durante la fase di sorveglianza, invece, assume importanza il ruolo del comitato di sorveglianza sugli interessi creditori contestualmente all’attuazione del programma di ripristino delle attività imprenditoriali. Questo perché oltre alla tutela dei soggetti lesi va tutelato l’equilibrio di tutte le parti coinvolte, in particolare i lavoratori – e la loro assunzione di responsabilità nell’attuazione del programma -, in una valutazione complessiva sui settori produttivi e della risoluzione delle aree di crisi delle grandi imprese.
Il rafforzamento del concetto di coordinamento con gli ammortizzatori sociali nel momento di cessione dell’azienda va quindi inteso più in un ottica di soluzione delle criticità sociali piuttosto che in una logica di interventi di emergenza. Velocizzare le procedure e rendere accessibile anche alla totalità delle società cooperative, rimuovendo gli ostacoli procedurali, l’istituto della liquidazione coatta amministrativa, consente inoltre di avere uno strumento di viglianza-sanzionatorio oltre che liquidatorio anche per questo tipo di società. La certificazione del bilancio può aiutare in questo senso, coordinando lo strumento della vigilanza con quello liquidatorio.
Il Consiglio Nazionale dei dottori commercialisti ritiene che tra i criteri di ammissibilità devono considerarsi sia il numero dei dipendenti che il volume di affari e l’indembitamento aziendale. L’amministrazione straordinaria ha senso se l’azienda è di grandi dimensioni e se la tutela dei rapporti di lavoro è improntata alla ripresa e al superamento degli squilibri, altrimenti diventa più opportuno passare ad altre forme di risoluzioni della crisi attraverso la liquidazione concorsuale. Si rischia altrimenti di attrarre poche aziende sotto questo procedimento. Per quanto riguarda l’istituzione di albi professionali specifici come l’albo dei revisori legali, dei commissari o degli incaricati alle vendite, questi potrebbero non garantire la professionalità che può garantire l’esistente Albo dei commercialisti.
