Come è noto la mannaia della Corte costituzionale si è abbattuta su alcune parti della legge 124 del 2015, la legge delega per la Riforma della pubblica amministrazione. La vicenda è divenuta immediatamente oggetto di polemica politica nella campagna referendaria, offrendo argomenti polemici sia ai sostenitori del Si, sia a quelli del No.
Quando una legge del Governo è dichiarata in parte in costituzionale è facile rivolgere critiche ex-post all’estensore del provvedimento (ovvero il Governo stesso). E’ interessante però accertare se nel corso dei passaggi in sede parlamentare furono avanzate critiche e proposte di modifica da parte dei gruppi proprio su quelle parti che sono poi state dichiarate in contrasto con la carta fondamentale.
La sentenza della Corte costituzionale ha colpito le modalità previste dall’articolo 11 per l’attuazione dei decreti legislativi previsti da tale articolo, nella parte in cui è previsto il parere reso in sede di Conferenza unificata anziché la previa intesa nella Conferenza Stato-Regioni.
Altra parte colpita è l’articolo 16 dove prevede per l’adozione di tutta una serie di decreti legislativi i cui criteri sono dettati dagli articoli 17, 18 e 19, il parere della Conferenza unificata invece della previa intesa in Conferenza Stato-Regioni (per quanto riguarda l’articolo 17) o della formula previa intesa, invece del semplice parere, da parte della Conferenza unificata.
Ebbene nel gran numero di emendamenti presentati da deputati e senatori nelle tre letture del testo solo pochi furono gli emendamenti presentati alle parti colpite dalla Consulta (5 in tutto) e volti a sanare le criticità che sono state poi alla base della sentenza
I 5 emendamenti furono presentati solo al Senato in prima lettura sia in commissione che in Aula e riguardarono solo quello che è l’attuale articolo 16 comma 2 della legge delega, e che nel testo originario era l’articolo 12 del disegno di legge, (presentati da senatori della Lega e di Forza Italia) proponendo di sostituire il parere della conferenza unificata, con l’Intesa con la stessa. Emendamenti che furono respinti. Va detto, però, che qualora fossero stati approvati questi emendamenti avrebbero salvato dall’incostituzionalità solo l’articolo 18 e il 19, ma non il 17 che sarebbe comunque stato dichiarato illegittimo.
Non fu presentato invece alcun emendamento in nessuno dei tre passaggi parlamentari all’attuale articolo 11 (che pure poteva essere emendato anche in terza lettura non essendo stato il comma 4 oggetto di doppia conforme) dove la previsione del semplice parere da parte della conferenza unificata (anziché l’intesa con la conferenza stato regioni) fu evidentemente ritenuta una disposizione non a rischio di costituzionalità.