In ‘Sala della Lupa’ a Montecitorio si è svolto il convegno dal titolo “”Non è vero ma ci credo – Vita, morte e miracoli di una falsa notizia“, che aveva come tema centrale quello delle fake news. Quanto incidono nel dibattito quotidiano le notizie false? Come influenzano i lettori le cosiddette “bufale”? Queste alcune delle tante domande a cui hanno cercato di rispondere, tra gli altri, interlocutori del mondo dell’informazione come il direttore de Il Post Luca Sofri, la direttrice del Tg2 Ida Colucci, il sociologo Giovanni Boccia Artieri ed il direttore di Computational social scienze Walter Quattrociocchi. A fare gli “onori di casa” è stata la Presidente Boldrini, a moderare l’incontro ci ha pensato invece Paolo Attivissimo.
Praticamente tutti hanno convenuto sul fatto che dietro la diffusione delle false notizie c’è spesso una logica precisa: delegittimare, ridicolizzare e gettare discredito. La diffusione delle false informazioni, o attribuire false dichiarazioni a qualcuno è anche l’anticamera dell’odio, oggi, forse per situazione sociale, diffuso e brutalmente in crescita. C’è da fare i conti, dunque, con chi è avvezzo a praticare non verità, perché comunque i social network, per esempio, sono piattaforme che influenzano l’opinione pubblica e fanno informazione. Una situazione certamente non più accettabile, un fenomeno negativo da frenare grazie all’impegno morale dei professionisti dell’informazione e forse, soprattutto, d’ogni cittadino che si trova o si improvvisa a preparare o a dare una notizia.
Secondo l’Oxford dictionary la parola internazionale dell’anno è ‘post-truth’, ovvero ‘post-verità’, termine con cui si intende dire che i fatti oggettivi hanno meno influenza nell’orientare l’opinione pubblica, rispetto agli appelli emotivi o alle convinzioni personali. Le ‘bufale’ fanno molto male, perché influenzano l’opinione pubblica sulla sicurezza, sulla sanità. Condizionano la politica e magari anche l’esito delle elezioni.
Ed a proposito di politica Laura Boldrini nel suo intervento, ha fatto un chiaro riferimento – seppur non citandolo mai – al Movimento cinque stelle. Si perché oggi le “bufale” o la violenza verbale appartengono anche al mondo della politica: “Molti siti che adottano una certa tecnica comunicativa hanno una forte connotazione politica, usano la menzogna per colpire l’avversario, tra l’altro facendo profitti. E’ un’operazione ‘win-win’, dicono, ‘screditiamo l’avversario e ci guadagniamo pure sopra”. Intanto domani la stessa presidente ha annunciato che incontrerà i vertici di facebook Italia “perché nessun miglioramento o aggiustamento sono possibili se non si parte da un presupposto di collaborazione e di ascolto reciproco“.
Per Ida Colucci “Quello che succede con le bufale ricorda la diffamazione tradizionale, il danno arrecato si recupera raramente“. Per Quattrociocchi “non basta il fact checking o un senso di superiorità verso i complottisti per sconfiggere le bufale, serve umiltà e dialogo“. Per Luca Sofri, invece, “le nostre democrazie si basano sul fatto che giornalisti e testate ci informano correttamente, ma non è sempre vero. Sbaglia chi incolpa poche ‘mele marce’, c’è una mancanza diffusa di accuratezza in tutto il giornalismo italiano“. Per Raffaele Lo Russo della Federazione Nazionale della Stampa Italiana, intervenuto al dibattito, “le bufale e la pubblicazione di notizie false sono un elemento di disonore del giornalismo e non possono essere considerate un elemento costitutivo della professione. Per essere credibili e riacquistare autorevolezza nell’opinione pubblica bisogna isolare e sanzionare chi diffonde falsità e alimenta il linguaggio dell’odio. E denuncia: “Avevamo proposto per questo l’istituzione del Giurì per la lealtà dell’informazione, ma c’è chi ha lavorato per affossarlo“.
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