Le parole dal Senato fuggite al Ministro Giuliano Poletti hanno scatenato subito una polemica politica in merito all’ipotesi che potrebbe vedere il Partito Democratico staccare la spina al governo Gentiloni prima che si possa svolgere il referendum sul Jobs Act, producendo l’effetto di un suo rinvio al prossimo anno.
La questione del referendum sulla riforma del lavoro però, e dando per scontato il pronunciamento sulla sua ammissibilità da parte della Consulta, rischia di essere spinosa non solo per il Governo, ma anche per le forze politiche che a gran voce stanno chiedendo elezioni subito, in particolare il Movimento 5 Stelle.
I pentastellati hanno intrapreso contro la riforma del lavoro una delle loro principali battaglie parlamentari e hanno fatto del Jobs Act uno dei principali cavalli di battaglia nella polemica antirenziana. Utilizzata anche nella campagna referendaria del 4 dicembre.
Ora si potrebbero trovare nella scomoda posizione di rispondere alla domanda se preferirebbero andare alle elezioni il prima possibile o se sarebbero disponibili a dichiararsi a favore dello svolgimento di un referendum che probabilmente, e nonostante il quorum, non solo cancellerà le parti più contestate della legge sul lavoro, ma assesterà un nuovo duro colpo alla politica e alle riforme di Matteo Renzi.
M5S, anche in caso di una grande affermazione elettorale alle prossime elezioni, con tutta probabilità non avrà i numeri per governare, dal momento che le leggi elettorali saranno proporzionalizzate, dunque la tesi del prima le elezioni e poi cambieremo noi il jobs act una volta al governo sarà difficilmente spendibile dai grillini.
Una bella, e forse imprevista grana, sembra dunque profilarsi su quella che sembrava una marcia trionfale da parte di M5S.