Beppe Grillo ha deciso di invalidare il risultato delle “comunarie” di Genova, che avevano visto prevalere Marika Cassimatis su Luca Pirondini. La motivazione di questa drastica decisione Grillo la scrive nel post con il quale chiama tutti gli iscritti del Movimento a pronunciarsi, e questa motivazione consiste nel fatto che il Garante ha ricevuto segnalazioni documentate che accerterebbero che molti dei componenti della lista vincitrice, tra cui la candidata sindaco avrebbero tenuto comportamenti lesivi dell’immagine dei 5 stelle prima delle elezioni, durante e dopo, arrivando anche a condividere pubblicamente la linea dei fuoriusciti M5S.
Quello che sconcerta in questa decisione di Grillo, oltre al fatto che lui che vive a Genova non si sarebbe neppure accorto di quello che succedeva nel movimento della sua città, sta nel fatto che se la Cassimatis e altri si erano tacciati di una serie di scorrettezze gravi e incompatibili con i principi del Movimento già prima delle comunarie (come scrive lo stesso Grillo) allora non gli andava consentito di prendervi parte, magari con una decisione d’imperio come quella adottata oggi dal Capo politico del Movimento.
Una volta che si ammette la partecipazione di un candidato a una competizione elettorale e questo vince, non si può invalidare la vittoria per le opinioni ed eventualmente la propaganda utilizzata, ma solo se viene accertato che ha truccato in qualche modo le elezioni.
Cassimatis durante la campagna per le comunarie ha inneggiato ai fuoriusciti? Può anche darsi ma si pone il problema del perché tra i pochi militanti che hanno votato, questi in maggioranza hanno preferito lei e quello che sosteneva, all’altro candidato.
E se proprio si riteneva che fosse necessario un nuovo pronunciamento dopo quello ordinario, allora al centro dell’ordalia penta stellata vi doveva essere la stessa candidatura della Cassimatis che i militanti sarebbero stati chiamati a confermare o rinnegare una volta venuti a conoscenza delle accuse mosse nei suoi confronti.
Al contrario Grillo cancella il candidato che aveva vinto, e chiede a tutti i militanti penta stellati d’Italia (e non si capisce perché non solo quelli di Genova) di scegliere tra il candidato che i 5stelle genovesi non avevano voluto o il non presentarsi alle comunali.
Sicuramente non è così e Grillo alla luce delle regole del suo movimento avrà ragione, ma vista dal di fuori questa vicenda ricorda il bambino che si porta via il pallone quando perde, ricorda quei partiti in cui sono i vertici a imporre i candidati nel chiuso di un ufficio (la famigerata segreteria politica). Ma quel che è peggio fa sorgere il dubbio che la tanto decantata democrazia orizzontale, la democraticità della rete e della consultazione diretta siano tesi che vanno bene a giorni alterni e soprattutto quando non arriva l’imprevisto, in particolare se l’imprevisto è un candidato non gradito ai vertici.