di Rocco Orefice
La gestione dei flussi dei migranti e dei richiedenti asilo verso i Paesi dell’Unione Europea, rappresenta, senza dubbio alcuno, una delle sfide più importanti per questi ultimi, una sfida capace di generare tensioni politiche e sociali di non facile risoluzione, interessando, per forza di cose, i temi della libertà di circolazione delle persone, del rispetto dei diritti umani e della sicurezza dei cittadini europei.
Viene definita, ormai da qualche tempo, una “crisi sistemica” che necessita di una risposta comune a livello europeo. Tuttavia, all’interno dei Paesi maggiormente interessati dal fenomeno – come l’Italia – il dibattito appare alquanto delicato: proprio la politica italiana, nello specifico, fatica a trovare una linea comune sul tema. E gli eventi più recenti, non fanno altro che confermare tale circostanza.
Circa 8500 migranti, provenienti dalla Libia, sono stati salvati nel Mediterraneo nel fine settimana di Pasqua, ai quali si aggiungono 13 morti. Sono queste le ultime cifre, davvero importanti, su cui riflettere. Più nel dettaglio, secondo i dati forniti dal Ministero dell’Interno, 2000 migranti sono stati salvati il Venerdì Santo, 4500 il Sabato e altre 2000 il giorno di Pasqua. Questi numeri confermano che, a oggi, la situazione è indubbiamente drammatica. A tale straordinaria emergenza, si è dovuto far fronte con un massiccio impiego delle forze dell’ordine e dei militari, nonché dei volontari della Croce Rossa e della Protezione Civile. Di conseguenza, l’annosa “questione” della gestione dei flussi migratori porta con sé anche quella relativa ai suoi costi, intaccando dunque voci importanti del bilancio dello Stato. In relazione a ciò, il Documento di economia e finanza (Def), approvato la scorsa settimana, prevede una spesa complessiva per il 2017 intorno ai 4,6 miliardi di euro, ossia lo 0,27 per cento del Pil. Non una cifra irrisoria, dunque. Tanto che la decisione dell’esecutivo Gentiloni ha riacceso il dibattito politico.
Il centrodestra, nello specifico, ha usato toni forti in questi giorni: per il Sen. Maurizio Gasparri si tratta di “una scelta scandalosa se si pensa ai problemi del paese reale, alla disoccupazione dilagante, ai tanti italiani che perdono il lavoro e alle famiglie in affanno”. Matteo Salvini ha promesso, in un certo qual modo, di “fare luce” sulla gestione dei flussi migratori da parte del Governo. Diversi legali starebbero, infatti, per presentare una denuncia nei confronti dell’esecutivo per aver “favorito l’immigrazione clandestina”. Forza Italia segue, invece, con attenzione le audizioni in corso per l’indagine conoscitiva della Commissione Difesa del Senato, indagine che ha il fine di verificare il ruolo e l’attività svolta da diverse Ong, accusate dall’agenzia europea Frontex di incentivare il traffico dei migranti e di essere contattate direttamente dagli scafisti o dai migranti sui barconi per poi essere salvati. “Ottomilacinquecento clandestini arrivati in un solo fine settimana. Inaccettabile, impossibile da sostenere per l’Italia, per le comunità locali, per i nostri bilanci, per la nostra coesione sociale”, così l’On. Brunetta dalla Sala Stampa della Camera dei Deputati. Dal suo profilo Facebook, anche l’On. Giorgia Meloni non si è sottratta alla polemica: “Prima gli immigrati: ecco il nuovo slogan del Governo, che nel Def ha scritto che nel 2017 l’Italia spenderà la cifra record di 4,6 miliardi di euro per gli immigrati. Gli italiani pagano, le coop ringraziano. Fratelli d’Italia voterà contro in Parlamento: questi soldi devono andare alle famiglie, ai disoccupati e ai poveri italiani”.
A ben vedere, non arrivano dalla politica segnali nuovi, proposte concrete per la soluzione dei flussi migratori. Sarebbe di vitale importanza discutere, invero, della pianificazione e attuazione di politiche di integrazione nei mercati del lavoro nazionali. Ciò potrebbe offrire l’occasione per beneficiare del fenomeno dell’immigrazione, ammortizzando senza dubbio i costi “iniziali” associati alla gestione dei flussi. Allo stesso tempo, non sarebbe da sottovalutare una nuova e più incisiva politica di cooperazione con i Paesi di origine dei migranti, al fine di implementare investimenti mirati per contrastare le distorsioni di tale fenomeno ed incentivare condizioni di vita dignitose, sicurezza e lavoro.