di Rocco Orefice
Ancora una volta diamo doverosamente voce a chi si occupa di un male che tormenta il nostro Paese da troppo tempo: la corruzione. Un male così diffuso e radicato dal quale l’Italia sembra non sapersi difendere in alcun modo. “La febbre dell’Italia continua a salire, il battito sta rallentando. La stiamo perdendo. Proviamo a salvarla insieme il 25 maggio”, è questo uno dei messaggi lanciati da “Riparte il futuro” – l’associazione fondata nel 2013 con l’obiettivo di sconfiggere la corruzione in Italia promuovendo trasparenza e certezza del diritto – per annunciare la presentazione di un rapporto innovativo sulla corruzione in Italia. Nella mattina di ieri, 25 maggio, infatti presso la Sala della Lupa di Palazzo Montecitorio, l’associazione ha presentato il rapporto “Il termometro della corruzione in Italia”. Il convegno ha avuto inizio con il saluto della Presidente della Camera, Laura Boldrini per poi proseguire con gli interventi di Federico Anghelé e Giulio Carini, che hanno presentato il rapporto, Paolo Ielo, procuratore aggiunto a Roma, e Bill Emmott, giornalista e saggista.
L’analisi è molto chiara, le conseguenze della corruzione possono – e in effetti sono – devastanti, basta leggere le prime righe del rapporto: “Un Paese corrotto non è affidabile per gli investitori, italiani e stranieri, e perde di conseguenza opportunità di fare business e creare nuovi posti di lavoro. A farne le spese sono soprattutto i giovani disoccupati che pagano il prezzo più alto. Inoltre la corruzione alimenta l’inefficienza dei servizi, aggrava il peso della crisi economica, indebolisce la fiducia dei cittadini nelle istituzioni e mina il concetto stesso di Stato di diritto, solo per citare alcuni dei danni che pesano su tutta la società”. Ma come misurare la corruzione? Compito di certo non facile, per rispondere al quale c’è sicuramente bisogno di strumenti attendibili, proprio perché “il problema ha una natura sommersa e illegale”. Per tali ragioni gli esperti di Riparte il futuro hanno deciso di impiegare strumenti idonei per misurare in via approssimativa il fenomeno all’interno dei Paesi dell’Unione Europea e nelle regioni italiane, per poi analizzare il rapporto esistente tra la corruzione e diversi indicatori di efficienza e trasparenza delle istituzione pubbliche, focalizzando pertanto l’attenzione sul nostro Paese. Più nel dettaglio Riparte il futuro ha scelto di misurare il livello di corruzione in Italia, sul piano nazionale e locale, servendosi di due indicatori in particolare: l’European Quality of Government Index (EQI) del 2013 del Quality of Government Institute, un sondaggio sulla corruzione nel settore pubblico condotto a livello locale in tutta Europa e il Corruption Perception Index (CPI) di Transparency International, utile per misurare la corruzione nel settore pubblico e utilizzato da Riparte il futuro per stabilire un confronto tra l’Italia e gli altri 28 Paesi membri dell’UE.
Ebbene, dall’analisi svolta emerge che la corruzione è originata, molto spesso, da un atro grande male italiano: il clientelismo, ossia dalla “propensione dei governi a favorire specifici soggetti o aziende tramite l’assegnazione di commesse e appalti o facilitando l’approvazione di norme ad personam”, si legge nel rapporto. Nello specifico, guardando agli altri 28 Paesi membri dell’Ue, l’Italia nel 2015 risulta penultima con a seguire la Slovacchia, mentre è terzultima nel 2016, seguita da Slovacchia e Ungheria. Tra i due fenomeni vi è dunque una forte correlazione: “quando il livello di clientelismo scende o sale, diminuisce o aumenta anche il livello di corruzione”. Nel report poi è analizzato il grado di trasparenza ossia “quanto siano accessibili agli attori economici le informazioni sui cambiamenti normativi inerenti alle attività di impresa”. Ed anche qui, purtroppo, l’Italia è messa molto male, classificandosi all’ultima posizione nel 2015 e alla penultima nel 2016 precedendo l’Ungheria. Anche tale indicatore mostra una forte correlazione con il livello di corruzione nell’Ue: infatti “maggiore è la trasparenza delle decisioni pubbliche, minore il livello di corruzione”.
A seguire, viene analizzato il livello di sviluppo e performance digitale dei Paesi UE, ed anche in questo caso l’Italia non riesce a far bene: quartultima sia nel 2015 che nel 2016. Per ciò che concerne in questo caso la correlazione con la corruzione si può ben comprendere che “più sono elevati lo sviluppo e la performance digitale in un Paese dell’Ue, inferiore è il livello di corruzione, e viceversa”.
E se si da uno sguardo agli ostacoli che le aziende devono fronteggiare per adempiere alle richieste della Pubblica Amministrazione? Niente da fare: Italia ultima sia nel 2015 che nel 2016. La correlazione con la corruzione in questo caso ci dice che “negli Stati membri in cui è più facile per le aziende adempiere alle richieste della Pubblica Amministrazione, il livello di corruzione è più basso”.
L’interessante analisi di Riparte il futuro continua poi con l’esame di ulteriori indicatori come – tra gli altri – l’indipendenza del sistema giudiziario o la semplicità di fare business. In tutti questi casi l’Italia si colloca sempre tra le ultime posizioni. Tutto ciò dimostra che la strada da seguire per sconfiggere la corruzione è irta di ostacoli. Ciononostante, c’è chi continua a credere che sia imprescindibile per il nostro Paese e continua a lavorare per raggiungere l’obiettivo, perché “solo cercando di sconfiggere la corruzione, l’Italia potrà riacquistare la credibilità necessaria per attrarre capitali, italiani e stranieri, aumentare la produttività, ristabilire la fiducia dei cittadini nelle istituzioni, e creare nuove opportunità di lavoro soprattutto per le nuove generazioni”.
Clicca qui per leggere il rapporto integrale di Riparte il futuro https://www.riparteilfuturo.it/termometro-corruzione/