Introdurre nelle scuole lo studio della storia dell’Antimafia per fare conoscere agli studenti le vite di coloro, rappresentanti delle istituzioni e non, che alle battaglie di legalità e giustizia contro le mafie hanno dedicato le loro esistenze. E’ questo il senso della proposta di legge, prima firmataria la deputata M5S Chiara Di Benedetto, presentata alla Camera durante il convegno “La storia dell’antimafia come materia di scuola” alla quale hanno preso parte Salvatore Borsellino e il prete antimafia don Giacomo Panizza.
Una proposta di legge che vuole inserire lo studio approfondito della materia nel monte ore per le competenze relative all’area storico-sociale di “Cittadinanza e Costituzione” già previsto nel percorso didattico. Un percorso che coinvolga gli studenti in un percorso formativo di riflessione sulle cause e sull’attrattività del fenomeno mafioso nel suo complesso per fornire loro modelli di riferimento e vita alternativi.
“I giovani delle nuove generazioni che frequentano le scuole primarie e secondarie non hanno mai conosciuto l’opera e la lezione morale di figure come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, non le hanno viste coi loro occhi, in loro non si è ben formata una consapevolezza di cosa significassero – spiega la Di Benedetto -. Si fa molta fatica a spiegare cosa sia la Mafia, è una carenza di tipo culturale in cui questa proposta di legge si inserisce. I giovani hanno una concezione diversa della Mafia ed è solo un approfondimento didattico che possono capire.”
“Il ‘fascino’ dei boss – continua la Di Benedetto – ha determinato atteggiamenti emulativi. Per questo il testo mira a introdurre l’insegnamento della storia del contrasto alla Mafia; vuole che sia accompagnato allo studio dei principi e dei diritti fondamentali della Costituzione; chiede di coinvolgere gli studenti in un percorso di riflessione sulle cause, la portata e sull’attrattività del fenomeno mafioso nel suo complesso.”
Lungo e appassionato l’intervento di Salvatore Borsellino, fratello del giudice Paolo, ucciso nella strage di via D’Amelio: “Il trattare i temi dell’antimafia viene lasciato all’iniziativa di alcuni illuminati professori, pochissimi. C’è anche chi sostiene che nelle scuole di Mafia non bisogna parlare. Sono spesso i ragazzi che usano le ore autogestite che hanno a disposizione a interessarsi e fare formazione sull’argomento.”
Don Panizza, sacerdote bresciano “prestato” alla Calabria da oltre trent’anni, ha raccontato le difficoltà che incontra chi fa antimafia ogni giorno su un territorio difficile come quello di Lamezia Terme: “A Lamezia chi riceve dallo Stato le chiavi delle case confiscate, entro la sera stessa le riconsegna indietro perché sa che i clan non vogliono che i loro beni vengano dati per usi sociali. A Lamezia, insomma, nessuno vuole le case confiscate”.
La proposta di legge prevede infine l’istituzione del “Premio per il coraggio della verità” che renda onore agli studenti che si siano distinti per la realizzazione di un’opera artistico letteraria che testimoni l’impegno civile nella lotta alla mafia.