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Editoriale

Dal Mattarellum al Tedescum, passando per il Rosatellum: il ginepraio della legge elettorale

di Giuseppe Maraventano e Rocco Orefice

Da poche settimane si è tornati a parlare di legge elettorale. L’occasione l’ha offerta il PD che, con l’appoggio del neosegretario Matteo Renzi, ha presentato una proposta a firma Ettore Rosato, già denominata Rosatellum. In questi ultimi giorni la proposta dei democratici è stata adottata come testo base per giungere a un sistema elettorale come quello tedesco. Prima di analizzare gli ultimi sviluppi è bene fare delle considerazioni e ripercorrere le leggi elettorali che hanno caratterizzato il sistema politico italiano durante la Seconda Repubblica.

Sono anni in cui la forza e l’attrattività del Movimento Cinque Stelle sono innegabili, sebbene i partiti di maggioranza stiano cercando in tutti i modi di ritardare quella che sembrerebbe essere una vittoria pentastellata. Solo una legge elettorale con un notevole premio di maggioranza eviterebbe il trionfo dei grillini e sbarrerebbe la strada a un altro governo di larghe intese.

Nel corso degli anni si è pensato più volte di riproporre, almeno in parte, una o più leggi elettorali del passato. Come mostrato nel seguente grafico, in poco più di 20 anni il nostro Paese ha conosciuto diversi sistemi elettorali:

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Mattarellum – Dal nome del suo relatore, la legge Mattarella, è una riforma della legge elettorale applicata dopo il referendum del 18 Aprile del 1993, regolando le elezioni politiche italiane dalla XII alla XIV legislatura, per poi essere sostituita dalla legge Calderoli nel 2005. Il sistema elettorale previsto è quello misto, caratterizzato da un maggioritario a turno unico per la ripartizione del 75% dei seggi parlamentari; per il restante 25% dei seggi assegnati al Senato, è stabilito un recupero proporzionale dei più votati non eletti attraverso un meccanismo di calcolo denominato “scorporo”. Per la Camera, invece, è previsto un proporzionale con liste bloccate per il rimanente 25% dei seggi assegnati, e uno sbarramento del 4%.

In un primo momento, il territorio nazionale è stato suddiviso in 475 collegi uninominali per la Camera, e in 232 per il Senato. L’attribuzione di questo primo gruppo di seggi avviene secondo un sistema maggioritario a turno unico: è eletto parlamentare il candidato che riporta la maggioranza relativa dei suffragi nel collegio. Nessun candidato può presentarsi in più di un collegio. I restanti seggi sono assegnati con un metodo tendenzialmente proporzionale, funzionante però con meccanismi differenti fra le due assemblee. Alla Camera, invece, l’elettore ha a disposizione una scheda elettorale separata per l’attribuzione dei 155 seggi residui, cui accedono solo i partiti che superano la soglia di sbarramento nazionale del 4%. Per quanto riguarda il Senato, gli 83 seggi proporzionali sono assegnati, secondo il dettato costituzionale, su base regionale.

In quegli anni, molti hanno creduto che questo sistema elettorale incoraggiasse i partiti ad avvicinarsi e presentarsi in coalizioni per superare gli avversari in numero di voti e vincere il collegio uninominale. Per Giovanni Sartori, politologo e sociologo italiano, l’effetto della legge è stato quello di aumentare il numero di partiti capaci di influenzare la maggioranza, garantendo l’assegnazione di un seggio con poche centinaia di voti.

Porcellum – Nel 2005 è stata introdotta la legge Calderoli, denominata “Porcellum”, ossia un proporzionale con premio di maggioranza e liste bloccate, che ha disciplinato l’elezione della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica in Italia nel 2006, 2008 e 2013.

Il sistema previsto è un proporzionale corretto, a coalizione, con premio di maggioranza ed elezione di più parlamentari contemporaneamente in collegi estesi, senza la possibilità di indicare preferenze. Tale sistema impedisce all’elettore di esprimere la preferenza per un singolo candidato poiché si può votare soltanto per le liste di candidati (anche piuttosto lunghe). Sono quindi i partiti a scegliere i parlamentari. È inoltre prevista la possibilità di ottenere un premio di maggioranza alla Camera e al Senato: il premio alla Camera consiste nel garantire alla coalizione che ottiene il maggior numero di voti un numero minimo di seggi pari a 340; al Senato, invece, è dato Regione per Regione con la sola esclusione del Molise, e consiste nel garantire alla coalizione vincente in quella Regione, almeno il 55% dei seggi. Ogni partito o coalizione ha l’obbligo di indicare il proprio candidato con relativo programma.

Per ciò che concerne gli sbarramenti, hanno diritto a essere rappresentate alla Camera tutte quelle coalizioni che superano la quota del 10% dei voti ottenuti; per il singolo partito non coalizzato, la soglia si abbassa al 4%. Al Senato la quota minima per le coalizioni è del 20%, con l’obbligo per i partiti che ne fanno parte di raggiungere almeno il 3%; per i partiti non apparentati la soglia è del 4%.

La Corte costituzionale, a gennaio del 2014, dichiara l’illegittimità costituzionale parziale della legge, annullando il premio di maggioranza e introducendo la possibilità di esprimere un voto di preferenza. La legge elettorale proporzionale così risultante, soprannominata Consultellum, è rimasta in vigore per l’elezione della Camera fino alla sua sostituzione con l’Italicum a decorrere dal 1 luglio 2016, mentre per l’elezione del Senato è tutt’oggi in vigore.

Italicum – L’Italicum, così chiamata nel 2014 da Matteo Renzi, è la legge elettorale italiana del 2015 che disciplina l’elezione della sola Camera dei Deputati. Nello specifico, tale sistema elettorale è originariamente caratterizzato da un maggioritario a doppio turno con un premio di maggioranza di 340 seggi alla lista in grado di raggiungere il 40% dei voti al primo turno, e la suddivisione del territorio nazionale in 100 collegi plurinominali. La soglia di sbarramento è fissata al 3% su base nazionale per tutti i partiti, non essendo più previste le coalizioni. In ogni collegio è prevista l’indicazione di un capolista “bloccato” da parte di ciascun partito, con la possibilità per i capilista di candidarsi in massimo 10 collegi. Venendo alle preferenze, gli elettori possono esprimere sulla scheda elettorale due preferenze “di genere”, obbligatoriamente l’una di sesso diverso dall’altra, pena la nullità della seconda preferenza. Da ultimo, è stabilito l’obbligo di designare capilista dello stesso sesso per non più del 60% dei collegi nella stessa circoscrizione e di compilare le liste seguendo l’alternanza uomo-donna, al fine di favorire l’alternanza di genere.

Nel gennaio 2017, la Corte costituzionale dichiara incostituzionale il turno di ballottaggio, lasciando il premio di maggioranza per la lista che ottiene il 40% al primo turno. La Corte, inoltre, dichiara incostituzionale la possibilità per i capilista bloccati eletti in più collegi di scegliere discrezionalmente l’effettivo collegio di elezione: la scelta è quindi affidata a un sorteggio. Il sistema elettorale per la Camera dei Deputati diventa così un sistema proporzionale a correzione maggioritaria.

Rosatellum – Il 17 maggio 2017, il relatore Pd della legge elettorale, Emanuele Fiano, ha depositato in commissione Affari Costituzionali della Camera il Mattarellum bis o Rosatellum, dal nome del capogruppo dem alla Camera, Ettore Rosato. Il sistema proposto dal Pd prevede l’elezione dei parlamentari con un metodo 50/50: il 50% eletti con il maggioritario e il 50% con il proporzionale. C’è un’unica scheda e un unico voto sia alla Camera che al Senato. Il voto disgiunto non è previsto, evitando di votare un candidato nel collegio uninominale e una lista a lui non collegata nella parte proporzionale. La soglia di sbarramento è fissata al 5%. Le liste che hanno superato questa soglia prenderanno un numero di seggi proporzionali ai voti. La proposta Pd prevede, inoltre, l’elezione di 303 deputati in altrettanti collegi uninominali e di altri 303 con sistema proporzionale in listini bloccati di quattro nomi ma con sbarramento al 5% e senza il meccanismo di scorporo del Mattarellum che premiava i partitini.

Le pluricandidature sono possibili al massimo in 3 collegi; nella quota proporzionale, invece, ci si può presentare soltanto in un collegio uninominale. Infine, le quote rosa sono previste nel listino proporzionale (dove c’è un massimo del 60% per uno dei generi), ma non nei collegi.

Tedescum (?) – Oggi è cresciuto il fronte dei favorevoli al sistema tedesco, tanto che i partiti stanno lavorando a un accordo per adottare il proporzionale con sbarramento al 5%. In Germania i membri del Bundestag sono eletti per metà dalle 299 circoscrizioni uninominali previste e per l’altra in base alla percentuale di voti che i partiti raggiungono in ogni Land. La soglia di sbarramento è fissata al 5%, inoltre restano fuori i partiti che non riescono a eleggere almeno tre deputati dalle circoscrizioni uninominali. Più in dettaglio, gli elettori tedeschi possono esprimere due voti: per un candidato nel proprio collegio e per un partito o una lista. In particolare il sistema tedesco permette di stabilire la percentuale dei seggi parlamentari spettante a ogni partito, essendo variabile il numero dei seggi. Questi ultimi, in poche parole, sono proporzionali ai voti delle liste che superano lo sbarramento, pertanto sono eletti tutti i candidati vincenti nel collegio uninominale. La nostra Carta Costituzionale, tuttavia, non permette ciò, stabilendo in 630 il numero dei deputati. Le forze politiche hanno infatti deciso di garantire la proporzionalità lasciando fuori qualche vincitore, ossia i candidati che hanno raggiunto la percentuale più bassa. Da qui è scaturita, giustamente, la scelta del voto unico.

Venendo, da ultimo, a quelli che potrebbero essere gli effetti di tale sistema elettorale in Italia, sappiamo tutti che il sistema politico italiano è soggetto, da fin troppo tempo, all’instabilità dei governi e al ricorso alle alleanze, rese possibili dall’esistenza di una molteplicità di forze politiche. È forse il caso di dire che la scelta di propendere verso un sistema elettorale sul modello tedesco bene si sposa con questa tendenza italiana a formare coalizioni. Probabilmente a migliorare è la rappresentanza, poiché collegi uninominali e liste bloccate sono tutt’altra cosa rispetto alle preferenze previste dalle leggi vigenti. Siamo tuttavia sicuri di riuscire a garantire in questo modo la desiderata stabilità? Inoltre, dal punto di vista strettamente democratico chi sceglierà i candidati dei collegi? Saranno previste delle primarie o comunque dei canali di scelta democratica? Speriamo, dunque, che a scegliere possano essere gli elettori e non i leader politici. Sarà interessante vedere, a questo punto, quali accordi riusciranno a raggiungere le forze politiche italiane sulla legge che detta le regole del gioco.

 

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