Supera indenne, alla fine, lo scoglio delle cinque fiducie sulla legge elettorale la maggioranza che sostiene il Governo Gentiloni. Fari puntati, certo, per tutta la giornata sul pallottoliere delle presenze a Palazzo Madama per fare i conti con le assenze giustificate ed anche con eventuali sorprese dell’ultima ora. Innanzitutto ‘occhio’ al numero legale, prima forca caudina da superare perchè le votazioni possano considerarsi valide in Parlamento. A guardare i numeri, Pd, Ap, Autonomie, con l’aiuto dell’Idv, sono state autosufficienti nella maggior parte delle votazioni, anche se la ‘stampella’ dei verdiniani di Ala, fra critiche e proteste, è sempre stata plasticamente a portata di mano, nel caso di necessità sul fronte del numero legale. E così è stato, ma solo in due delle cinque votazioni: in occasione della fiducia sull’articolo 3, perchè dall’emiciclo erano usciti per motivi personali, e non politici, quattro senatori del Pd che finora avevano contribuito a garantire il numero legale, cosi’ come un esponente di Ap. E nella quinta ed ultima fiducia. I verdiniani, tuttavia, per dare un messaggio politico, hanno da subito rivendicato come determinante il loro voto. Da segnalare che Denis Verdini in persona ha sempre votato a favore delle fiducie sin dalla prima chiama, senza quindi attendere il responso dei numeri.
Guardando “alla moviola”, la maggioranza, con numeri sufficienti per far passare i sì, ha incassato 150 voti a favore nella prima votazione, e, a seguire, 151 sì sulla seconda, 148 alla terza, e poi ancora 150 voti alla quarta, per concludere il quinto voto e ultimo voto incassandone altri 145.
A guardare la geografia del voto, compatti si sono presentati Pd (91 voti su 99 componenti, il presidente del Senato per prassi non vota), Ap (23 si’ su 23 presenti) e le Autonomie con 14 voti a favore della legge. Presenti ma non votanti, 7 senatori Dem ‘dissidenti’ (Chiti, Manconi, Tocci, Micheloni, Mucchetti con Ruta e Turano) hanno comunque garantito il numero legale stando in Aula e avvicinandosi alla presidenza per annunciare: ‘ci sono, ma non partecipo alla votazione’. Non sono mancate le proteste di Sinistra Italiana, Mdp e M5s, nè le zuffe, durante le votazioni nell’Aula del Senato, dove il presidente emerito della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha annunciato il suo voto a favore. Mdp e M5S hanno votato contro sempre alle seconde chiame per testare il numero legale e l’eventualita’ che, alla prima, potesse mancare. Da dire che anche i no vanno computati ai fini del calcolo di questo: il numero legale si ricava, infatti, sulla base della meta’ piu’ uno degli aventi diritto al netto dei senatori in congedo e missione. Fra missioni e congedi, che a Palazzo Madama qualcuno definisce strategici, assenti oggi in Aula i senatori di Forza Italia e Lega che, voteranno comunque a favore del Rosatellum domani, quando la legge, a voto palese, sara’ approvata nel suo complesso. A ‘scanso di equivoci’ alcuni azzurri e alcuni esponenti del Carroccio, però, in Aula sono tornati per la seconda chiama della quinta e ultima votazione di fiducia, ovviamente per pronunciarsi contro. Nel frattempo, infatti, dall’emiciclo erano usciti in massa i senatori pentastellati, i democratici e progressisti e Sinistra italiana che prima avevano partecipato al voto per bocciare la legge elettorale. Il timore era, viene riferito, che, a quel punto, nonostante i verdiniani, il numero legale potesse essere ‘in pericolo’, ma così non è stato.