C’è tempo fino all’11 febbraio per visitare la mostra Arcimboldo, a Palazzo Barberini, una rara occasione di vedere simili capolavori, se non addirittura la prima volta nella capitale.
Organizzata dalle Gallerie Nazionali di Arte Antica e da Mondo Mostre Skira, a cura di Sylvia Ferino-Pagden, una delle maggiori studiose dell’artista, comprende una ventina di opere autografe, disegni e dipinti, di Giuseppe Arcimboldi (1526 – 1593), provenienti da numerosi musei internazionali.
Opere complesse e divertenti, in cui è evidente l’influsso di Leonardo da Vinci, da cui Arcimboldo imparò l’acuta osservazione sia della natura sia della fisionomia umana.
Non dimentichiamo, inoltre, che era stato appena scoperto il nuovo mondo e insieme alle esplorazioni dell’America nacquero in quel periodo la botanica e la zoologia; lo studio di animali esotici e, in generale, degli elementi naturali fu fonte di ispirazione per gli artisti dell’epoca.
Altra importante figura per Arcimboldo fu il padre, pittore che lavorava al Duomo; egli guidò Giuseppe all’inizio della sua carriera, che ebbe il massimo della visibilità quando si spostò dalla nativa Milano per vivere a corte, prima con Massimiliano II d’Asburgo (a Vienna) e poi con Rodolfo II (a Praga).
Le celeberrime Teste composte qui esposte, oltre che figure affascinanti e complicate, sono zeppe di simboli che celebrano la dinastia asburgica, come a voler suggerire la loro autorità su ogni cosa, persino sulle stagioni. Dall’Estate rigogliosa e fitta di colori vivaci all’Inverno grigio con l’edera per capelli e un fungo al posto della bocca, ognuna della quattro stagioni diventa un’allegoria. In Autunno, il rametto d’ulivo rappresenta la capacità della famiglia reale di sedare le rivolte e mantenere la pace su un vasto territorio. Animali come il pavone o l’ariete non sono casuali e la pelle di leone ricorda Ercole poiché gli Asburgo vantavano di esserne discendenti.
Arcimboldo, tuttavia, non fu mai schiavo del potere poiché seppe utilizzare uno strumento eccellente che è diventato la sua peculiarità più apprezzata e ha reso inconfondibile ogni suo lavoro, ovvero la satira.
Osserviamo Il cancelliere, una sorta di avvocato che probabilmente lavorava per l’imperatore. Il suo naso è un pollo arrosto, il collo è un pesce di cui si intravede la coda e fogli disordinati e scomposti ne formano il busto. Pezzi di ossa e zampe rendono il visto così rugoso da suggerire ribrezzo e stimolano nell’osservatore un sorriso ironico verso le mansioni di questo personaggio.
Nel Palazzo decorato dalle api – simbolo della famiglia Barberini – possiamo ammirare i preziosi Dipinti reversibili, immagini particolarmente stimolanti in quanto si possono guardare da diversi punti di vista. Esse dimostrano la maestria e l’estro del pittore che ebbe la capacità di realizzare una piacevole armonia delle forme, pur mettendo insieme gli elementi più disparati.
Per la bizzarria di tali opere, in cui natura, scienza e fantasia si mischiano senza confini, Arcimboldo fu rivalutato a partire dal Novecento e considerato il precursore del Surrealismo. André Breton lo definì suo ispiratore e l’influenza delle sue caricature si nota in pittori dell’Avanguardia come Depero e Picasso.
Ancora oggi entusiasma un pubblico sempre maggiore per la sua interpretazione della natura, così giocosa e generosa e per le sue curiose creature che, partendo da elementi realistici, diventano fantastiche e, soprattutto, immortali.