La riforma delle intercettazioni e quella dell’ordinamento penitenziario: sono i due grossi temi che il nuovo ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede trova nell’immediato sul suo tavolo, come eredità dal suo predecessore, Andrea Orlando. Il ministro ha incontrato per la prima volta i dipendenti di via Arenula e a loro ha assicurato che non intende buttare tutto all’aria ma che considera la “continuita’” un valore.
INTERCETTAZIONI – E’ il primo, scottante dossier che attende il nuovo inquilino di via Arenula: l’entrata in vigore del nuovo provvedimento, già approvato in via definitiva, è fissata per il 21 luglio. E qui il guardasigilli dovrà decidere se accogliere le sollecitazioni arrivate dall’Anm e dal suo numero uno, Francesco Minisci, il quale è tornato a chiedere ancora una volta di rinviare l’applicazione di una “riforma sbagliata, che danneggia indagini e diritto di difesa“, e di ripensarla. Anche perche’ “non sono nemmeno pronte le strutture“: se si mantenesse la data prevista, la riforma sarebbe “inapplicabile”, avverte li leader dei giudici. Bonafede, quindi, dovrà capire a breve se, e in che misura, accogliere le istanze dei magistrati e tener fede alle sue passate valutazioni, quando sosteneva che il testo sulle intercettazioni “è una follia“.
CARCERI – La riforma dell’ordinamento penitenziario doveva rappresentare il coronamento del processo messo in moto dall’ex guardasigilli. Invece è rimasta al palo prima delle elezioni perché poco appetibile in campagna elettorale, e da quelle secche non è più uscita, nonostante gli appelli delle associazioni, dei Radicali, del garante dei detenuti, dei penalisti, e i tentativi di sblocco dello stesso Orlando.
Il cuore della riforma, un decreto attuativo, è rappresentato dall’estensione delle misure alternative al carcere: chi ha una pena residua fino a 4 anni, vi può accedere, se il magistrato di sorveglianza dà l’ok. Ora il governo, e al suo interno Bonafede, dovranno decidere cosa fare del testo: se completare o meno l’iter di un provvedimento che il leader della Lega, oggi al Viminale, Matteo Salvini, ha definito senza mezzi termini un decreto “salva-ladri”, oppure trovare una via mediana prevedendo correttivi.
Va detto che a metà aprile, quando il provvedimento era praticamente a bagnomaria, fu il presidente della Camera Roberto Fico, M5S, a chiedere una riflessione per valutare di riprendere l’esame della riforma. Nella scorsa legislatura, da deputato e vice presidente della commissione Giustizia, Bonafede ha più volte caldeggiato un nuovo piano carceri e sostenuto l’idea della certezza della pena. Ora su questi temi ci sarà la prova del nove. Un appello arriva intanto dal Consiglio nazionale forense: la riforma è necessaria ed è importante che il governo la valuti con “grande serenità”, dice il presidente Andrea Mascherin.
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