“La procedura di gara per la cessione di Ilva “e’ stata un pasticcio, le regole del gioco sono state cambiate in corsa” ed è “stato leso il principio di concorrenza e anche la qualità delle offerte proposte“. Non usa mezzi termini il ministro dello sviluppo economico, Luigi Di Maio, rispondendo nell’Aula della Camera ad un’interpellanza urgente sull’Ilva, dopo che ieri sera l’Anac aveva inviato al ministro una lettera con le risposte alle criticità evidenziate dal dicastero di via Veneto nella gara che, 13 mesi fa, ha portato Governo e commissari ad aggiudicare l’Ilva alla cordata formata da Arcelor Mittal e Marcegaglia (Am Investco) e a stoppare l’offerta di Acciaitalia (Jindal, Cassa Depositi e Prestiti, Arvedi e Del Vecchio).
“C’era chi prendeva in giro questo governo dicendo che stavamo perdendo tempo a studiare 23mila pagine“, ha attaccato Di Maio, “ma credo proprio che abbiamo fatto bene visto che l’Anac ha confermato tutte le criticita’ che avevamo segnalato e ci ha confermato che erano fondate le nostre preoccupazioni“.
I punti sui quali il ministero di via Veneto aveva chiesto all’Autority di fare luce sono tre:
Il primo riguarda il termine per la definizione del piano ambientale. E’ proprio su questo che Di Maio pone l’accento sottolineando che “è stato leso IL principio di concorrenza” e spiega che “quando è stata bandita la gara, il 5 gennaio 2016, chi voleva partecipare doveva fare un’offerta che prevedeva di attuare IL piano ambientale entro il 31 dicembre dello stesso anno. Risanare il territorio attorno all’Ilva in meno di 12 mesi sarebbe stata una impresa titanica e quindi poche imprese hanno potuto partecipare. Il punto è che, dopo che sono scaduti i termini il 30 giugno 2016, il termine di attuazione del piano ambientale e’ stato posticipato prima di due anni e poi di ulteriori 5. Quindi c’era tempo per risanare fino al 2023 (7 anni in più). Se questo fosse stato previsto dal bando iniziale avrebbero potuto partecipare molte più imprese e proponendo offerte molto piu’ pertinenti e di livello più alto“.
Il secondo quesito riguarda invece le scadenze intermedie del piano, che non sono state rispettate. “Questo, se confermato, di per se’ sarebbe bastato per escludere l’azienda dalla procedura di gara“, ha detto il ministro. L’altro punto sul quale Di Maio vuole fare chiarezza è quello dei rilanci, un tema “scritto malissimo in maniera confusa” ha rilevato l’Anac.
Ricostruendo i fatti il ministro ha sottolineato che “le due offerte presentate erano una di 1,8 miliardi, da parte di Mittal, e l’altra di 1,3 miliardi di Acciaitalia. La seconda, anche se piu’ bassa, era migliore in termini occupazionali e ambientali, ma si dava – secondo la procedura – un maggior punteggio all’offerta economica piuttosto che a quella ambientale e occupazionale. In questo modo ha vinto Mittal. Acciaitalia allora ha rilanciato aumentando l’investimento economico a 1 miliardo e 850 milioni, 50 milioni in piu’ di Mittal“. Questo rilancio “non è neanche stato preso in considerazione“, un cosa “incomprensibile” secondo Di Maio.
L’Anac quindi conferma le criticità sollevate dal governo che le definisce “macigni” e “gravissime” e sulle quali “questo governo non può continuare a fare finta di niente come è stato fatto per troppo tempo“. Per questo adesso inizierà la resa dei conti. Il ministro chiederà chiarimenti ai commissari dell’Ilva, si avvierà una indagine interna al ministero e verrà chiesto un parere all’Avvocatura dello Stato. Dai banchi della Camera la Di Maio tuona contro chi ha portato avanti questa procedura senza aver messo “al centro il massimo delle tutele ambientali e occupazionali“, chi lo ha fatto “ne dovrà rispondere, per ora politicamente“. Ma la partita ancora non è chiusa. L’authority, infatti, nella sua lettera ha scritto che un eventuale stop alla procedura di cessione ad ArcelorMittal può essere valutato soltanto dal governo nel caso in cui sussista, come prevede la legge, il “preminente interesse pubblico” all’annullamento.