La partita del coronavirus passa dai mercati all’economia reale. Nel giorno in cui la Borsa di Hong Kong riapre dopo la festività del Capodanno lunare e crolla del 2,8 per cento in chiusura, si susseguono gli annunci delle società che decidono di chiudere negozi e produzione in Cina in attesa di sviluppi positivi sul fronte del virus. Toyota ferma la produzione in Cina fino al 9 febbraio, diverse compagnie aeree sospendono i voli da e verso la regione, Ikea abbassa la saracinesca di metà dei suoi negozi e i colossi del food McDonald’s e Starbucks chiudono alcune location per prevenire il diffondersi del virus tra dipendenti e clienti.
La Cina ha interrotto l’accesso a Wuhan e ad altre 16 città per impedire alle persone di abbandonare e diffondere ulteriormente il virus. L’epidemia ha già ucciso oltre 130 persone.Mentre in Cina aumentano casi di contagio e decessi, le multinazionali si adeguano cercando di evitare contatti e situazioni che possano fomentare ulteriormente la diffusione del virus. Per Ikea “la salute e la sicurezza di clienti e personale è una priorità assoluta” e per questo il gruppo svedese chiude temporaneamente la metà dei suoi negozi in Cina. Secondo i media svedesi, la sede Ikea di Wuhan è stata chiusa una settimana fa e da allora l’azienda ha vietato i viaggi di lavoro da e per la regione.
Da McDonald’s arriva la conferma di uno stop delle attività cinesi. Il fast food Usa riferisce a Business Insider di aver sospeso il proprio business in cinque città della Cina particolarmente esposte al coronavirus. In un’email inviata a Business Insider, un portavoce di McDonald’s Asia spiega che il colosso americano del fast food ha chiuso tutti i ristoranti situati a Wuhan – focolaio del virus – Ezhou, Huanggang, Qianjiang e Xiantao. Le indiscrezioni su queste chiusure erano già state riportate dall’agenzia di stampa Reuters. Anche la catena americana Starbucks ha già chiuso più della metà delle sue 2.000 caffetterie in Cina e prevede che il virus “colpirà in modo significativo” i risultati del 2020. Il direttore finanziario Pat Grismer agli analisti spiega che “l’intensità dell’impatto dipenderà dalla durata della chiusura dei negozi”.
Nel corso del primo trimestre fiscale del gruppo – terminato con un utile netto di 885,7 milioni di dollari, o 74 centesimi per azione – la Cina ha inciso per il 10% sul fatturato di Starbucks. Il bilancio delle sospensioni da coronavirus si amplia con gli stop di Lufthansa, Swiss e Austrian Airlines e British Airways ai voli da e verso la Cina continentale. La compagnia aerea del Regno Unito, in particolare, si scusa in una nota “con i clienti per l’inconveniente, ma la sicurezza dei nostri clienti e dell’equipaggio è sempre la nostra priorità”. La decisione di British Airways “ha fatto da apripista” e “l’esigenza di tutelare i cittadini ed evitare il diffondersi del virus anche in Italia impone l’adozione di misure urgenti”, sottolinea il Codacons, che chiede all’Enac il blocco in Italia dei voli verso le regioni colpite dal virus.
Francesca Conti