Il contesto attuale caratterizzato da una pandemia inattesa di dimensioni globali, che ha stravolto in breve tempo le nostre vite, riaccende e aggrava il dibattito relativo a un’efficace protezione delle vittime di violenza di genere, che da più parti è stata invocata come fenomeno strutturale che soffre ancora di più nel periodo dell’emergenza Coronavirus. L’obbligo di restare confinati forzosamente nelle mura domestiche, quale unica misura possibile per la prevenzione e la protezione dal rischio di contagio, ha aggravato le possibilità del verificarsi di episodi di violenza per coloro la cui casa non costituisce luogo di protezione, come dovrebbe, ma al contrario di grande disagio e paura, se non addirittura luogo di abuso dove viene quotidianamente messa a rischio la propria incolumità. In questi casi drammatici, l’isolamento può determinare una maggiore frequenza e una maggiore intensità dei maltrattamenti quotidiani in famiglia. Peraltro, è evidente il rischio che questi restino sommersi, perché la presenza costante e continua in casa del partner violento può ostacolare la possibilità, per la donna, di uscire o di telefonare alle forze dell’ordine o al numero nazionale di pubblica utilità 1522 per sporgere denuncia e può comportare un aumento di casi di femminicidio.
I dati del ‘telefono rosa’ sono significativi: le telefonate, rispetto a quelle dello stesso periodo dell’anno scorso, nelle prime due settimane di marzo, sono diminuite del 55,1 per cento; ma i recenti fatti di cronaca testimoniano che a tale dato non corrisponde la riduzione dei casi di violenza e femminicidio, avvenuti nello stesso periodo di riferimento in Italia (basta pensare ai fatti occorsi a Milano, Messina, Padova, Roma e Brindisi).
Pochi giorni fa il Segretario Generale dell’Onu ha rivolto un appello affinché tutti i governi prendano misure per prevenire la violenza contro le donne e fornire rimedi efficaci per le vittime, come parte del piano d’azione nazionale contro il Covid-19. Si sta ragionando su un eventuale potenziamento dei sistemi di allarme in farmacie e supermercati, eventualmente facendo uso di parole in codice; sull’utilizzo di app per chiedere aiuto, laddove la donna non riesca a chiamare il numero nazionale di pubblica utilità 1522 o le forze dell’ordine; sulla permanenza dell’operatività dei centri anti-violenza e delle case rifugio e sul finanziamento e apertura di nuove case per accogliere le vittime di violenza.
Sull’argomento, ho avuto l’occasione di intervistare l’on. Lucia Annibali, deputata di Italia Viva, divenuta simbolo del contrasto alla violenza perpetrata nei confronti delle donne e che di questa lotta ha fatto un suo impegno esistenziale anche a seguito delle sofferenze personalmente vissute.
Salve Onorevole, come incide la situazione di emergenza sanitaria Covid 19 che stiamo vivendo sulla condizione di quelle donne che vivono in situazioni di violenza psicologica e fisica all’interno delle mura domestiche?
“Con l’emergenza Covid 19 la situazione si fa ancora più difficile per le donne che si trovano a vivere con un partner maltrattante e sono costrette a non uscire di casa per non essere contagiate. Tale condizione non può che inasprire queste situazioni drammatiche. Già una coppia che funziona di per sé non è abituata a stare così in contatto durante tutte le ore del giorno, a maggior ragione immaginiamo quanto possa essere grande il disagio e il rischio che corrono le donne che vivono relazioni non sane e che sono costrette a rimanere a casa con un compagno violento. Per loro, per le quali risulta già di per sé difficile in condizioni di normalità uscire di casa per recarsi nei centri anti-violenza o telefonare per chiedere aiuto, perché costantemente controllate dal partner, nelle condizioni attuali, risulta essere ancora più complicato, perché vivono la contraddizione di dover stare a casa per ripararsi dall’emergenza sanitaria in atto ma al tempo stesso di essere costrette a subire una privazione di libertà che non consente loro di fuggire e uscire dalle condizioni di violenza. Voglio sottolineare che la violenza di genere non è un’emergenza sociale – che nei tempi attuali si inserisce nell’emergenza sanitaria – ma un fatto strutturale radicato nel contesto sociale, che richiede interventi reali, profondi e trasversali. Certo, l’emergenza sanitaria di questi giorni rende sicuramente più complicata e più difficile la possibilità per le donne di denunciare“.
Quali sono le iniziative che il Governo e il Parlamento hanno individuato per offrire una tutela alle vittime di violenza, specialmente in questo periodo di estrema difficoltà? Si parla di potenziamento dei centri antiviolenza, di apertura di nuove strutture di accoglienza per le vittime e i loro figli, di codici da pronunciare nelle farmacie per denunciare senza essere scoperte, di App da utilizzare. Che ne pensa?
“Innanzitutto, in questo momento particolarmente delicato e di grande confusione, sento il dovere di dare una corretta informazione specialmente sui centri antiviolenza. E’ vero che i centri antiviolenza restano operativi e continuano l’attività per sostenere le donne vittime di violenza e molti di essi stanno facendo delle campagne di sostegno alle donne via web, informandole sulle strategie e individuando dei momenti per chiedere aiuto, ma è anche vero che i centri sono tenuti, come tutti, agli obblighi di prevenzione imposti dal Governo per il contenimento del contagio da Coronavirus. Pertanto i predetti centri, pur rimanendo operativi, ai fini dell’accesso debbono rispettare le norme generali sulla salute e sulla sicurezza e fare anche uso dei dispositivi di sicurezza individuale. Il tema delle mascherine e dei tamponi riguarda pertanto anche i centri antiviolenza, oltre ai medici e alla popolazione intera, come anche la questione della distanza fisica tra le persone ospitate nei centri per garantirne la salute. E’ evidente che ciò comporta delle restrizioni, non potendosi procedere all’accoglienza delle donne con le ordinarie modalità, occorrendo delle precauzioni. Lo stesso vale per le case rifugio, che forniscono un alloggio sicuro alle donne e ai loro figli. Anche in questo caso, eventuali nuovi ingressi devono essere effettuati nel rispetto della normativa vigente emanata per l’emergenza, per tutelare le donne e i bambini che alloggiano in tali strutture. Ritengo estremamente positivo il fatto che le Ministre per le pari opportunità e per la famiglia Elena Bonetti e dell’Interno Luciana Lamorgese abbiano stabilito una linea comune per individuare, su segnalazione delle Prefetture, possibili luoghi sicuri dal punto di vista sanitario, che possano ospitare, con le dovute distanze interpersonali, donne in fuga da situazioni di violenza insieme ai loro figli“.
Per quanto riguarda le segnalazioni, anche se siamo consapevoli del fatto che è molto difficile immaginare che una donna vittima di violenza riesca in queste giornate di convivenza forzata con il partner violento a segnalarla, oltre alla possibilità di telefonare alle forze dell’ordine o al numero antistalking 1522 o ai centri anti-violenza, le donne possono utilizzare delle App. In primis, la App-1522, che consente di rivolgersi al numero nazionale di pubblica utilità senza necessità di parlare e quindi senza correre il rischio di essere ascoltate, e la AppYouPol, istituita per il contrasto allo spaccio e al bullismo, che in questo periodo può essere utilizzata anche per l’invio di messaggi e segnalazioni di violenza domestica …
“Per quanto riguarda la possibilità per le donne, tramite una parola in codice, di cercare aiuto presso le farmacie, come è stato fatto in alcuni paesi europei, ad esempio in Spagna, al momento in Italia non è stata concretizzata, ma al riguardo manifesto la mia perplessità in considerazione del fatto che spesso le donne si recano in farmacia accompagnate dal partner o comunque si trovano con delle persone in coda e in ogni caso la parola in codice sarebbe necessariamente oggetto di dominio pubblico, in quanto per favorirne la conoscenza da parte delle donne dovrebbe essere adeguatamente pubblicizzata e quindi a quel punto ne verrebbe a conoscenza anche il partner. Comunque, al riguardo, la Ministra per le pari opportunità e la famiglia Elena Bonetti ha firmato un protocollo di intesa con la Federazione degli Ordini dei Farmacisti italiani, Federfarma e Assofarm, che prevede la formazione del personale interno alle farmacie attraverso le linee guida e la distribuzione di materiale informativo da esporre nelle stesse farmacie, in modo da consentire alle donne di conoscere ogni indicazione utile per prevenire e affrontare eventuali situazioni di violenza e stalking“.
“Poi c’è il tema delle risorse e quindi del fondo antiviolenza. Sappiamo che le risorse vanno distribuite dalle Regioni perchè la legislazione vigente non consente di darle direttamente ai centri, ma che non tutte le Regioni sono virtuose e veloci nella distribuzione. Già c’era stato un ritardo nello stanziamento a causa del cambio di Governo e ad oggi le Regioni ancora non hanno fatto la programmazione necessaria per ripartire le stesse risorse ai centri. Al riguardo, la Ministra per le pari opportunità e la famiglia ha firmato qualche giorno fa il decreto per l’erogazione di 30 milioni di fondi antiviolenza, sbloccando le risorse già ripartite alle Regioni per il 2019, con una procedura straordinaria d’urgenza in considerazione dell’emergenza Covid 19, a prescindere cioè dal fatto che le Regioni abbiano o meno provveduto alla programmazione, richiesta normalmente nell’iter ordinario. Il decreto prevede, inoltre, che la parte di risorse destinata a specifiche attività collaterali per il contrasto alla violenza – 10 milioni, a fronte dei 20 milioni destinati all’attività ordinaria dei centri antiviolenza e delle case rifugio – dovrà essere prioritariamente impiegata per il sostegno delle iniziative che adotteranno in questi giorni i centri anti-violenza e le case rifugio per far fronte all’emergenza, consentendo loro, tra le altre cose, di dotarsi, in tal modo, dei necessari dispositivi di protezione individuale“.
“Infine, la Commissione di inchiesta su femminicidio del Senato ha presentato un pacchetto di emendamenti sulla violenza contro le donne al decreto Cura Italia, che prevede lo stanziamento di ulteriori 3 milioni di euro per permettere ai centri antiviolenza e alle case rifugio di affrontare l’emergenza Coronavirus e accogliere altre donne; la sospensione degli incontri protetti dei minori e ove possibile il loro svolgimento da remoto; l’allontanamento dell’uomo maltrattante dalla casa familiare come misura prioritaria e ordinaria; lo svolgimento delle udienze per la convalida di tale provvedimento nonostante l’emergenza in corso“.
Sono ancora attuali e praticabili le “Linee guida nazionali per le aziende sanitarie e ospedaliere in tema di soccorso e assistenza sociosanitaria per le donne vittime di violenza”, operative dal 2018, la cui stesura è stata da lei coordinata, quando era consigliera giuridica della Ministra e Sottosegretaria Maria Elena Boschi?
“Sì, certamente. Il percorso di accoglienza delle donne vittime di violenza descritto nelle Linee guida è attivo e opera in pieno regime nei pronto soccorso – certo con i dovuti accorgimenti imposti dalle nuove esigenze legate al Covid 19 – e continua a garantire le misure di tutela, sicurezza e privacy nei casi di accesso al pronto soccorso di donne vittime di violenza. Ricordo che le Linee guida prevedono un percorso ad hoc per la donna, alla quale, dopo il triage infermieristico, viene riconosciuta una codifica di urgenza per garantire una visita medica tempestiva (tempo di attesa massimo 20 minuti) e ridurre al minimo il rischio di ripensamenti o allontanamenti volontari. Le linee guida prevedono che la donna presa in carico sia assistita e protetta, che, nel caso abbia fatto accesso al pronto soccorso con figlie/i minori, questi restino con lei e siano coinvolti nel suo stesso percorso, che sia ascoltata, visitata e sottoposta ad accertamenti strumentali e clinici nell’area protetta, nel rispetto della sua privacy, al fine altresì di repertare il materiale utile per una eventuale denuncia/querela. Ad ogni modo, essendo trascorsi più di due anni dall’entrata in vigore delle Linee guida, sarebbe opportuno che il Governo attuale effettui un monitoraggio per verificare che le stesse siano effettivamente operative in tutti i pronto soccorso nazionali ed elabori altresì un aggiornamento delle stesse, alla luce di eventuali difficoltà operative riscontrate“.
Quale consiglio si sente di dare alle donne vittime di violenza che stanno vivendo l’isolamento in situazioni familiari drammatiche?
“Esprimo a tutte loro una sentita vicinanza. E il mio consiglio è di non lasciarsi scoraggiare in questo momento così difficile e complicato e di cercare strategie per chiedere aiuto“.
Grazie mille per la disponibilità Onorevole.
“A voi per l’ospitalità”.
Silvia D’Oro