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Il Csm va riformato, ma le proposte dei partiti giacciono in Parlamento aspettando tempi migliori

Dal sorteggio all’elezione con doppio turno e ballottaggio. Sono diverse le proposte messe in campo nell’arco di oltre un anno per riformare il Consiglio superiore della magistratura, con l’obiettivo di eliminare il sistema delle correnti interne. L’idea iniziale del sorteggio, ipotizzata dal Guardasigilli Alfonso Bonafede durante la prima stesura del ddl di riforma, di fronte alle numerose critiche sollevate sia dallo stesso mondo della magistratura che dalle forze politiche, è stata successivamente accantonata lo scorso autunno per dare spazio a un sistema di elezione sulla base di collegi con possibile ballottaggio. Poi, a ridosso del Consiglio dei ministri che ha varato la delega della riforma del processo penale, lo scorso 13 febbraio, le norme relative al Csm sono state stralciate. E ora, dopo il riaccendersi di nuove polemiche sul Csm, il ministro Bonafede ha annunciato un provvedimento ad hoc.

Intanto, da oltre un anno, giacciono in Parlamento alcune proposte di riforma del sistema di elezione del Csm presentate da Forza Italia, Pd e M5s. Proposte, però, che non hanno mai visto la luce e il cui iter non è mai stato avviato.

Ieri il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede su fb ha sottolineato che la riforma del Consiglio Superiore della Magistraturanon può più attendere. Questa settimana porterò all’attenzione della maggioranza il progetto di riforma, su cui tra l’altro avevamo già trovato un’ottima convergenza poco prima che scoppiasse la pandemia“. Al centro del progetto ci sono: “Un nuovo sistema elettorale sottratto alle degenerazioni del correntismo; l’individuazione di meccanismi che garantiscano che i criteri con cui si procede nelle nomine siano ispirati soltanto al merito; la netta separazione tra politica e magistratura con il blocco delle cosiddette ‘porte girevoli’“.

Come si ricorderà lo scorso fine gennaio, a ridosso del Cdm che avrebbe dovuto varare la riforma del processo penale, erano circolate delle bozze di riforma del Csm, norme poi stralciate a febbraio dal ddl delega sul processo penale approvato dal governo. Le bozze prevedevano un doppio turno con ballottaggio per l’elezione dei componenti togati del Csm. Si passava poi da sedici a venti componenti togati e da otto a dieci laici, per un totale di 30 componenti. In particolare, per quel che riguarda l’elezione dei componenti togati, l’articolo 23 disponeva l’elezione al primo turno del candidato che ha ottenuto la maggioranza assoluta dei voti. Se nessun candidato al primo turno incassa la maggioranza assoluta dei voti, si procede al ballottaggio tra i due candidati che hanno ottenuto il maggior numero di voti. Recitava l’articolo contenuto nella bozza di ddl: “L’elezione da parte dei magistrati ordinari dei venti componenti del Consiglio superiore della magistratura avviene con voto personale, diretto e segreto in diciannove collegi“. Le bozze prevedevano inoltre una stretta sulla eleggibilità dei componenti laici del Csm.

In particolare, i componenti laici passavano da otto a dieci. Veniva poi modificato il quarto comma dell’articolo 22 della legge 24 marzo del ’58, che dispone: “I componenti da eleggere dal Parlamento sono scelti tra i professori ordinari di università in materie giuridiche e tra gli avvocati dopo quindici anni di esercizio professionale“. La nuova formulazione contenuta nella bozza di ddl disponeva invece: “I componenti da eleggere dal Parlamento, previamente auditi dalle competenti Commissioni parlamentari, sono scelti tra i professori ordinari di università in materie giuridiche e tra gli avvocati dopo quindici anni di esercizio professionale, purchè non ricoprano la carica di parlamentare nazionale od europeo, o non l’abbiano ricoperta nei cinque anni precedenti, non siano componenti del Governo o non lo siano stati nei cinque anni precedenti, non ricoprano la carica di consigliere regionale o provinciale nelle Province autonome di Trento e Bolzano, o non l’abbiano ricoperta nei cinque anni precedenti, non siano Presidenti o assessori nelle giunte delle Regioni o delle Province autonome di Trento e Bolzano, non ricoprano o non abbiano ricoperto nei cinque anni precedenti la carica di sindaco in Comuni con più di centomila abitanti“.

Ad oggi sono due le proposte di riforma del Csm presentate alle Camere e targate M5s. La prima porta la firma di Fabiana Dadone, quando era semplice parlamentare e non ministro, presentata nel luglio del 2019, assegnata alla commissione competente ma il cui iter non è mai stato avviato. Prevede un sistema maggioritario per l’elezione del Csm. Proposta analoga quella a prima firma del pentastellato Andrea Colletti (risalente a giugno 2019 ma anche in questo caso l’esame non è mai stato avviato). Alcune proposte a firma Forza Italia e Pd mirano a un equilibrio di genere nel Csm. Un’altra proposta a firma dell’azzurro Luigi Vitali è stata presentata nell’estate di due anni fa al Senato (iter mai avviato). Infine, due le proposte targate Pd, a prima firma del costituzionalista Stefano Ceccanti, per l’elezione del Csm attraverso un sistema maggioritario, con delega al governo per la rideterminazione dei collegi uninominali e l’altra per l’introduzione del voto alternativo in collegi uninominali maggioritari. Entrambe risalenti al 2018. Tutto fermo insomma, aspettando tempi migliori e azioni di partito più determinati.

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