“Sulla base dei dati disponibili, la Commissione sulla Sicurezza e Monitoraggio degli Studi sul Covid-19 ha raccomandato che non ci sono ragioni per modificare il protocollo degli studi. Il Gruppo Esecutivo ha concordato la continuazione di tutti i settori di ricerca, compreso l’uso dell’idrossiclorochina.”
Retromarcia dell’Oms, quindi, che torna sui suoi passi dopo aver sospeso a livello globale tutti gli studi randomizzati (randomized trials) condotti sull’uso del farmaco antimalarico per contrastare il Coronavirus, sulla base di uno studio pubblicato dal The Lancet il 22 maggio.
Ad annunciarlo ufficialmente, lo stesso direttore generale dell’organizzazione, Tedros Adhanom Ghebreyesus, mercoledì 3 giugno.
Il tutto avviene a seguito di una lettera firmata da 120 scienziati richiedente la ripresa dei test sull’idrossiclorochina, di cui abbiamo riportato qui.
Le fallacie evidenziate da tale lettera erano troppo eclatanti per essere ignorate, soprattutto le cifre del numero di morti relative ai pazienti trattati con l’idrossiclorochina, non combacianti con i registri ufficiali.
Ma ad emergere ancora di più, vi è un’altra questione, forse ancora più seria, che rischia di compromettere fortemente la credibilità della prestigiosa rivista scientifica The Lancet e, conseguentemente, la generale fiducia del pubblico verso le istituzioni scientifiche.
IL MISTERO DI SURGISPHERE
La compagnia che ha elaborato elettronicamente e poi fornito i dati sopra-citati al The Lancet, Surgisphere, soffre quantomeno di un conflitto d’interesse e di scarsa chiarezza nella propria identità aziendale.
L’amministratore delegato, Dr Sapan Desai, risulta anche essere uno degli autori dello studio del The Lancet.
Molti degli ospedali citati nel rapporto, scrive il The Guardian, sostengono di non avere alcuna connessione con il database della compagnia.
Sempre mercoledì, con una mossa precauzionale, la stessa rivista The Lancet ha pubblicato un documento esprimente “preoccupazione” (EOC, acronimo per Expression Of Concern) riguardo al proprio studio.
Dichiarava di aver preso in considerazione che “domande scientifiche importanti sono state sollevate”, e perciò annunciava “un’ispezione indipendente sulla provenienza e sulla validità dei dati, commissionata dagli autori dello studio non affiliati con Surgisphere.”
Finché lo studio originale è stato rimosso in toto, senza neppure attendere gli esiti dell’inchiesta.
Il peso dello scandalo era apparentemente troppo.
Ma che cos’è Surgisphere?
Si tratta di una compagnia con base a Chicago, USA.
Nata nel 2008 come azienda che produceva formazione e manualistica scientifica, da pochissimi mesi si occupa di raccolta e analisi di dati in tempo reale attraverso un sistema d’intelligenza artificiale chiamato QuartzClinical, in contatto con 1.200 ospedali.
Desai afferma di avere 11 dipendenti.
Una ricercar su LinkedIn eseguita dal Guardian dimostra che la maggior parte dei profili dei dipendenti è stata creata due mesi fa.
Né l’editore scientifico, scrittrice fantasy, né la direttrice del marketing, una modella per adulti, hanno le credenziali scientifiche per esercitare la professione (i nomi sembrano essere stati rimossi dalla pagina Linkedin .
Un altro fatto curioso: pochi giorni prima anche un’altra prestigiosa rivista, la The New England Journal of Medicine(NEJM), aveva pubblicato una EOC simile, relativa ad uno studio commissionato sempre a Surgisphere.
In essa esprimeva preoccupazione sulla credibilità del database fornito per lo studio sull’uso di alcuni medicinali contro la pressione alta nel trattamento del Covid e la relativa mortalità.
Poi vi è un terzo studio commissionato a Surgisphere a inizio aprile, in cui si conclude che l’antiparassitario Ivermectin reduce drasticamente la mortalità nei pazienti da Covid-19.
Lo studio ha spinto molti governi in Sudamerica (dove l’idrossiclorochina è largamente disponibile) ad autorizzarne l’uso contro il Covid, creando quindi anche un rialzo della domanda.
Domanda che si è tradotta in finanziamenti da migliaia di dollari.
Era inevitabile che Surgisphere finesse prima o poi sotto scrutinio.
Un altro esempio di maldestrìa viene dai tre pazienti africani che al 1 marzo erano presumibilmente sotto ventilazione artificiale e venivano trattati con l’ivermectin.
“Ma c’erano due soli pazienti in tutto il continente all’epoca, figuriamoci quelli col ventilatore,” commenta il dott. Carlos Chaccour, interpellato sempre dal quotidiano britannico.
Profondo conoscitore del continente africano e dei suoi sistemi sanitari, Chaccour ritiene che molti ospedali lì non siano affatto equipaggiati per essere parte di un network elettronico così sofisticato per un tale database, “e dovrebbero essere connessi ad una costosa apparecchiatura automatica che fornisce i dati ad una corporation negli Stati Uniti?
Era tutto molto strano.”
Insomma, uno scandalo che sembra sfiorare il limite del ridicolo quantomeno per come l’intera operazione è stata gestita.
Eppure, un’organizzazione di peso mondiale come l’Oms si è affidata a studi che si servono di una compagnia siffatta.
Ulteriori domande emergono: se non fosse stato per l’inchiesta del The Guardian e per la lettera fermata dai 120 scienziati evidenziata dai media, il tutto sarebbe andato avanti in sordina?
E i test sulla clorochina sarebbero stati definitivamente bloccati per lasciare il campo quasi completamente sgombro ai vaccini?
E se si è permesso ad una supposta compagnia fantasma come Surgisphere di compromettere i dati di studi scientifici rilevanti, è possibile che il mondo scientifico veda la presenza di altre compagnie simili?
Quanto, come pubblico, ci possiamo fidare?
Leni Remedios