“I dipendenti pubblici italiani con il più basso tasso di laureati in Europa, il 39,4 per cento dei dipendenti pubblici e con la minore formazione”. Ed ancora: “Negli ultimi anni si è riscontrata una forte flessione della spesa in formazione del personale, scesa da 263 milioni nel 2008 a soli 147 milioni nel 2017, corrispondenti a 49 euro e 1,04 giornate per ciascun dipendente (considerando solo quelli a tempo indeterminato). La formazione attuale è mirata alla manutenzione e non all’accrescimento o al rinnovo delle competenze”. E’ quanto si sottolinea nel piano Colao. “Occorre rivedere le modalità di lavoro, attraverso la diffusione dello smart working nella pubblica amministrazione – si spiega – introducendo sistemi organizzativi, piattaforme tecnologiche e un codice etico che consentano di sfruttare le potenzialità in termini di riduzione dei costi e miglioramento di produttività e benessere collettivo, tenendo conto anche delle differenze di genere e di età”.
Occorre “puntare a rendere strutturale, mediante adeguata regolazione contrattuale – si indica nel piano – l’utilizzo del lavoro agile per tutte le attività compatibili e per tutti i ruoli (manageriali e apicali inclusi)” e “favorire l’applicazione almeno al 50 per cento del tempo lavorativo, ponendo attenzione alla pari fruibilità per uomini e donne”. Puntando soprattutto nel settore pubblico sul “middle-management” che è lo snodo chiave perché iniziative di modernizzazione e digitalizzazione abbiano successo.

“Alle competenze tecniche dei dipendenti si devono affiancare competenze manageriali diffuse. Il middle management può essere – si fa notare – un acceleratore dell’innovazione oppure costituire un freno insuperabile. Cambiare il top management delle strutture pubbliche dà – si osserva – minori risultati rispetto al mondo privato: la struttura burocratica ha un potere molto superiore, la conoscenza delle pratiche interne è spesso fondamentale per incidere sui processi rispetto alle competenze esterne. Esistono già quadri intermedi validi e facilmente professionalizzabili con interventi formativi, ma spesso ignorati e non premiati”.
Perciò occorre “identificare nell’ambito delle diverse amministrazioni le figure di middle management più suscettibili di beneficiare di interventi formativi di tipo manageriale (ruolo, età, competenze pregresse, segnalazione di interesse a ruoli manageriali)”. In ogni caso è necessario “trasformare le modalità di reclutamento del personale P.a. in entrata nei prossimi anni, gestendo volumi e specifiche competenze in chiave strategica e dinamica rispetto ai fabbisogni, per focalizzare il reclutamento sulle esigenze emergenti (ad es. competenze digitali, tecniche e di processo). Infatti “il blocco del turnover ha portato a un sensibile innalzamento dell’età media dei dipendenti pubblici (la più alta dell’area Ocse), che ha raggiunto i 51 anni: gli under 30 sono appena il 2,8%”, si fa notare nella
relazione.
“Il pubblico impiego sconta strutturalmente una composizione squilibrata verso i profili giuridici-amministrativi e a sfavore di professionalità tecniche e organizzative orientate all’innovazione. Questo squilibrio è particolarmente grave in una fase in cui si vuole modernizzare/digitalizzare la pubblica amministrazione”, si sottolinea. “La formazione di funzionari e dirigenti nella P.A. non ha mai avuto in Italia percorsi ben definiti, per cui il reclutamento avviene spesso in maniera difforme e senza specifici pre-requisiti”. Per questo motivo occorre creare un’Agenzia per il reclutamento del personale dello Stato”.