Il 29 giugno scorso, dopo il reclamo presentato dall’ong internazionale “University Women of Europe”, il Comitato europeo dei diritti sociali (CEDS) del Consiglio d’Europa, istituito ai sensi dell’art. 25 della Carta sociale europea del 1961 con lo scopo di monitorare l’applicazione delle disposizioni di quest’ultima, ha presentato un rapporto nel quale ha riscontrato violazioni del diritto alla parità di retribuzione e del diritto alle pari opportunità sul luogo di lavoro in 14 dei 15 paesi aderenti (esclusa la Svezia), tra cui l’Italia.
Il Ceds, pur riconoscendo che la legislazione di tutti e 15 i paesi interessati risulta soddisfacente per assicurare il riconoscimento del diritto alla parità di retribuzione, ha riscontrato l’assenza di misure adeguate a promuovere il diritto delle donne alle pari opportunità sul mercato del lavoro e di misure di conciliazione tra vita personale e vita professionale, l’insufficienza di progressi nella riduzione del divario retributivo di genere, la mancanza di trasparenza salariale nel mercato del lavoro, la mancanza di vie di ricorso efficaci per le vittime di discriminazione salariale e l’insufficienza dei poteri e dei mezzi conferiti agli organismi nazionali competenti per la promozione della parità di genere per quanto concerne la retribuzione. Ha precisato, inoltre, che le misure volte a favorire le pari opportunità per le donne e gli uomini nel mercato del lavoro devono includere la promozione di un’effettiva equa rappresentanza di entrambi i sessi in posizioni decisionali sia nel settore pubblico che in quello privato.
In ambito nazionale, sul tema, all’inizio del mese di giugno, il Rapporto Colao recante “Iniziative per il rilancio Italia 2020-2022” per il Presidente del Consiglio dei Ministri, aveva evidenziato come la crisi da pandemia Covid-19 avesse fatto emergere, tra le fragilità presenti nel nostro Paese, la presenza di un elevato livello di diseguaglianze di genere, sociali e territoriali e un basso tasso di partecipazione femminile al mercato del lavoro. Queste costituiscono un grave problema non solo di equità ma anche di freno allo sviluppo economico e sociale del Paese.
Nella stessa direzione, a fine maggio, la task-force “Donne per un nuovo Rinascimento”, istituita in aprile dalla Ministra per la famiglia e per le pari opportunità Elena Bonetti, aveva elaborato un documento contenente proposte per aumentare la percentuale di donne in tutti gli ambiti lavorativi, superare le barriere all’avanzamento nei percorsi di carriera, contrastare gli stereotipi di genere che impediscono alle donne di raggiungere responsabilità di leadership, come per esempio, ma non solo, l’incentivazione dello smart working. Al fine di misurare gli equilibri per quanto riguarda assunzioni, retribuzioni e carriera, all’interno delle imprese, consigli e comitati scientifici, negli organismi e commissioni di università e enti di ricerca e negli organi di governo centrali e locali, la task-force ha proposto altresì di istituire un Osservatorio sulla parità di genere presso il Dipartimento per le pari opportunità.
Sembrerebbe un segno che qualcosa sta cambiando, e non è un caso che ciò stia avvenendo proprio dopo il drammatico periodo di pandemia che ha messo in ginocchio il mondo intero. In fondo, come diceva Einstein: “La crisi è la più grande benedizione per le persone e le nazioni, perché la crisi porta progressi” ed “è nella crisi che emerge il meglio di ognuno, perché senza crisi tutti i venti sono solo lievi brezze”.
S.D.