“Questo è stato il governo con le mani più libere dal 1948 ad oggi. Altro che anni di piombo. Lo stesso governo Monti, che pure ha operato in un clima eccezionale, non ha avuto la libertà d’azione del Conte II. Tant’è vero che lo stesso Monti aveva concepito il proprio come un governo a termine. Questo invece è un governo che si identifica in pieno con l’emergenza, e se ne alimenta. Se ci pensa, l’emergenza è una fonte di stabilità politica. E lo sarà anche per i mesi a venire”. Lo afferma Alessandro Mangia, docente di Diritto costituzionale all’Università cattolica del Sacro Cuore di Milano, in una intervista a La Verità. “Di fatto, la maggioranza ha conferito al governo i ‘poteri necessari’ a gestire la situazione. Per mesi l’organizzazione dello Stato si è rattrappita su sanità ed ordine pubblico. Il che poteva essere anche giustificabile, vista la situazione. Che si continui ora a gestire la situazione secondo normative speciali, protraendo uno stato d’emergenza – che è previsto dalla disciplina della protezione civile – in assenza di una emergenza attuale, come è stato fatto nell’agosto scorso, lascia però, interdetti”, “la domanda che ci si deve porre non è solo se lo stato di emergenza di oggi sia giustificato. È fino a quando lo si vuole fa durare. Quand’è che il governo riterrà chiuso lo stato di emergenza? La verità è che questo governo ha istituzionalizzato l’emergenza e ne ha fatto una nuova normalità, dove la vita sociale è sospesa o rallentata. E dove l’emergenza è diventata instrumentum regni. Si è finiti così in una sorta di limbo istituzionale, assai simile allo stato di guerra descritto dall’articolo 78 della Costituzione, in cui il Parlamento ha rinunciato ad esercitare i suoi poteri di controllo ed indirizzo, ed ha avallato praticamente ogni scelta del governo”.
E sul referendum dice: “Questa riforma nasce dal progetto originario del M5s di sostituzione della democrazia parlamentare con la democrazia diretta. Poi, un anno fa, dopo la crisi, i 5 stelle sono stati in grado di imporre al Pd il voto sul taglio dei parlamentari – cui il Pd si era sempre opposto nei mesi precedenti – in cambio di promesse sulla legislazione elettorale. E si è arrivati a questa strana riforma, che, probabilmente, sarà approvata nel disinteresse generale, e che ridurrà il Parlamento dalla prossima legislatura. Il risultato è che saranno da rifare regolamenti parlamentari e legge elettorale in cambio di un peggioramento del rapporto numerico tra eletti ed elettori, che sarà tra i più alti d’Europa. Ma non è questo il punto. Il punto è che gruppi parlamentari più ristretti saranno molto più facilmente controllabili dalle segreterie di partito: il che limiterà ulteriormente l’azione dei parlamentari”.