Un’enciclica ed una legge elettorale: si incrociano due elementi – indipendenti l’uno dall’altro – in una circostanza fortuita e molte cose si rimettono in movimento.
Scrive Papa Francesco nella Fratelli Tutti: “Per molti la politica oggi è una brutta parola. E tuttavia, può funzionare il mondo senza politica?“. No, non può funzionare. Il problema è che, a partire dai populismi sovranisti, manca la buona politica. AAA Progetto Politico cercasi. Ipse dixit. L’inserzione sta trovando le sue prime risposte anche perchè la prospettiva di un ritorno al proporzionale, come ai vecchi tempi, vuol dire fine degli schemi in voga da trent’anni in qua. Vero che il bipartitismo non c’è mai stato e che il bipolarismo è stato qualcosa di enunciato più che praticato, vero anche che il 2018 di poli usciti dalle urne ne ha visti tre. Vero soprattutto che il processo di logoramento dell’ordine emerso con l’inizio degli anni ’90 procede di pari passo con l’anagrafe dei suoi protagonisti, ed ora si guarda oltre. Si va facendo via via più forte l’idea che, in caso di reintroduzione del sistema proporzionale, riprenderà forza il Centro Vitale (espressione dei politologi americani) della democrazia, di cui fanno parte da sempre i cattolici, in Italia. Arsenico e vecchi merletti.
Si scrive, in casi come questi, che è già iniziata la corsa. In realtà i movimenti sono piuttosto in senso sussultorio-rotatorio, perchè la tensione è alta ed i cavalli del Palio di Siena attendono nervosi che si abbassi il canapo. Al momento è tutto un posizionarsi e guardarsi gli uni gli altri, sperando magari nell’errore altrui. O almeno – questo ciò che si respira in molti ambienti cattolici – ci si lascia andare alle interpretazioni: alcune ben ponderate, altre ispirate magari dal desiderio. Ma qualcosa di concreto dovrà pur essere fatto, se Hobbes (non esattamente un cattolico, ma di politica ne capiva) proclamava: “I patti senza spade sono solo parole e non difendono nessuno”. Non è un caso che tra i primi a muoversi ci sia stato Gianfranco Rotondi, da sempre pronto a gestire sigle nuove e progetti presentati come post o neodemocristiani. Perchè quarant’anni di storia nazionale non sono passati invano, e la rinascita della Dc – auspicata, temuta, esorcizzata – è a torto o a ragione ciò che fa da sfondo a queste grandi manovre.
Rotondi ha convocato a Saint-Vincent (luogo evocativo dei convegni di fine estate di Forze Nuove, la corrente di quel geniaccio della politica democristiana che era Carlo Donat-Cattin) un convegno di tre giorni. Interverranno da tutti i luoghi, da tutti i poli: Brambilla, Pecoraro Scanio, Prestigiacomo, De Petris, Schifani, Tabacci, Rosato, Crosetto, Gelmini e persino Biagio Maimone dei sudisti italiani. Poi Silvio Berlusconi. E soprattutto Giuseppe Conte. Cosi’ l’appuntamento potrebbe fornire elementi utili sul modo in cui il Presidente del Consiglio guarda al suo futuro politico. La legislatura, salvo complicazioni, dovrebbe arrivare a scadenza naturale ma la primavera del 2023 non è certo lontana, e poi c’è la crisi del Movimento che l’ha indicato per Palazzo Chigi.
I più arditi si spingono a immaginare o la formazione di una componente partitica, o una lista personale. Le due soluzioni in realtà non sono in totale contrasto. Ma Conte è persona molto prudente e parlerà, ma ancora di più ascolterà. Anche Rinnovamento Italiano, nel 1994, iniziò sull’onda di una buona riuscita alla guida del governo, ma poi si arrestò. Meglio essere cauti. Anche perchè, tornando al tema dei cattolici, non è detto che l’endorsement sia automatico. Conte viene sì da Villa Nazareth, ma a Palazzo Chigi non ha suscitato particolari entusiasmi nella gestione della chiusura delle chiese durante il lockdown. Si dice che ci sia stata una nottata di telefonate incrociate e dialogo franco e costruttivo; al mattino l’intervento del Papa si dice ancora non sia stato per dare torto alla Cei, ma per sigillare con le sue parole un accordo raggiunto e mai più da cambiare. E’ significativo, anche se un pò singolare, che la prospettiva del ritorno al proporzionale e delle sue conseguenze abbia suscitato grossomodo la stessa reazione in due religiosi altrimenti divisi praticamente su tutto. Si tratta del cardinal Camillo Ruini e di Padre Bartolomeo Sorge SJ. Negli anni della Seconda Repubblica hanno svolto, nella diversità dei ruoli e dei convincimenti, una funzione analoga, quella di vivere con entusiasmo la fine della Dc (Sorge iniziò con la Primavera di Palermo di Leoluca Orlando, Ruini sposò senza particolari difficoltà lo spirito dei nuovi tempi post ’92). Oggi affermano entrambi che il maggioritario ed il bipolarismo sono qualcosa da non toccare. Sorge: “La nuova presenza dei cattolici in politica non può essere realizzata – e qui concordo con Ruini – con una nuova Dc ma attraverso una buona politica”. Hobbes, i patti eccetera eccetera.
In realtà la loro non è l’unica linea esistente nel variegato mondo cattolico. “Famiglia Cristiana”, ad esempio, la settimana scorsa ha provato a chiedere in giro se non sia giunto il momento di un nuovo Don Sturzo. Ecco le risposte. I Movimenti: “Più che un partito unico, una sola voce sui valori di fede ed insegnamenti evangelici“; il politologo Magatti: “La politica privilegi la comunità“; Andrea Riccardi (nell’editoriale): “Serve semmai un federatore“. Posizione, quest’ultima, che fu la cifra del processo chiamato Todi-1 e Todi-2: vale a dire l’ultima volta che si provò a tirare fuori qualcosa di unitario dal mondo cattolico. Era il 2011, Bagnasco presidente della Cei. Finì nel nulla. Poco dopo nacque, anche per impulso di una certa parte della galassia vicina a Riccardi, la Lista Monti. Un precedente che Conte ricorda. Un altro gesuita, Padre Francesco Occhetta, ha dato vita ad una associazione chiamata Base Italia, che ha nell’ex sindacalista della Cisl Marco Bentivogli il suo elemento di punta. Ne fanno parte anche Carlo Cottarelli, Leonardo Becchetti e ancora Mauro Magatti. Un ambiente che, insomma, ruota attorno alla Cattolica di Milano e all’Università di Roma 3.
Occhetta ha recentemente dato alle stampe un saggio, Le politiche del Popolo, in cui si concilia esperienza politica italiana e concezione di Popolo secondo il teologo argentino Rafael Tello, a sua volta letto con interesse da Bergoglio. Si spiega, nelle pagine di Occhetta: “Vogliamo offrire al Paese un’esperienza (pre)partitica“. L’introduzione al libro reca la firma di David Sassoli, presidente del Parlamento Europeo e membro di spicco del Partito Socialista Europeo. Afferma: “I temi di questo volume sono il punto di partenza per sviluppare una riflessione sulla necessità di mettere insieme dinamiche sociali e internazionali“. Nel comitato scientifico di Base c’è anche Stefano Zamagni. E’ il presidente della Pontificia Accademia delle Scienze. Lui però ha rotto gli indugi. Lo scorso fine settimana ha lanciato direttamente un partito, “Insieme”, aperto anche ai laici di buona volontà che “hanno a cuore il bene comune” e quindi punta al 20 percento. E’ venuto a benedire l’iniziativa il cardinale Giovanni Battista Re. Il presidente della Pontificia Accademia delle scienze più il Decano del Sacro Collegio Cardinalizio, di fresca nomina bergogliana: abbastanza per far ritenere che ‘Insieme‘ sia il partito cui guarda Sua Santità, come la presenza di Occhetta ed il suo libro potrebbero indurlo a guardare verso Base. Chi lo sa. L’interesse del Pontefice per la politica interna italiana è tutto da dimostrare.
Quello di Zamagni potrebbe essere però solo uno strappo, una fuga in avanti. Intanto perchè Insieme nasce dalla fusione di due associazioni, Costruire Insieme e Politica Insieme, ma parte di quest’ultima non ha seguito il processo costituente perchè considerato, per l’appunto, frettoloso e abborracciato. Una terza componente, Rete Bianca, si è sfilata. All’assemblea costitutiva, in un albergo romano di periferia, si sono presentati (e sono stati cooptati nella segreteria) il banchiere Antonio Fazio, l’ex parlamentare dell’Udc Ivo Tarolli, l’ex segretario confederale della Cisl Raffaele Bonanni, l’ex sindacalista Natale Forlani (con Bonanni protagonista della sfortunata stagione di Todi). Tra gli assenti l’economista Leonardo Becchetti, che pure era tra i promotori di Politica Insieme, e Lorenzo Dellai. Dellai, trentino come Tarolli, pare stia orientandosi per una formula del tipo “lista elettorale tra diverse culture”.
Un pò come Civica e Popolare nel 2018, di cui fu tra i fondatori, un pò come la Margherita, che in lui ebbe il Fondatore primigenio. Il quotidiano Avvenire ha dato ai lavori assembleari lo spazio di alcuni resoconti nelle pagine interne, affiancati da un riquadro esplicativo. Vi si legge: “Tutti guardano al Centro. Questa iniziativa va a collocarsi in un campo affollato di simboli“.
Segue l’elenco dei pretendenti: Italia Viva, Forza Italia, Azione, +Europa, Noi con l’Italia, Base Italia, l’Udc, Centro Democratico, I Popolari, I Moderati, Uniti per il Trentino, Stella Alpina, De Mita, Lupi, Tabacci, Bartolo, Renzi. Anche la Svp. Nessun primus inter pares. Insomma, più che in campo i cattolici sembrano in Piazza del Campo. Nervosi, irrequieti, pronti a scattare verso la curva. Che è quella di San Martino.