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Esteri

Era Biden: truppe USA ricoinvolte in Medio Oriente ed Africa

Con Trump uscito di scena, come si riconfigura lo scenario militare made in USA nelle aree più sensibili del pianeta, come Medio Oriente ed Africa? Vediamo nel dettaglio, mettendo a confronto alcune delle politiche portate a termine dall’amministrazione Trump e quelle annunciate e/o considerate dalla neo amministrazione Biden.

Il nuovo Segretario alla Difesa USA Lloyd Austin ha annunciato una revisione last minute del ritiro delle truppe dall’Afghanistan e dall’Iraq voluto da Trump.

Così titolava il Wall Street Journal il 26 gennaio.

Come dichiarava l’ex Segretario alla Difesa Chris Miller, infatti, dopo le iniziative dell’ex presidente, le truppe nei due paesi asiatici sono “al minimo storico dal 2001”, pur continuando, aveva assicurato Miller, la collaborazione con le forze irachene nel contrastare le milizie dell’Isis rimaste e nel prevenire la costituzione di nuovi gruppi.

Ma presto, sotto l’amministrazione Biden, si tornerà molto probabilmente ai vecchi standard.

Nel 2011, al suo picco massimo, la presenza americana in Afghanistan contemplava ben 98.000 soldati.

Pochi sanno che fra gli ultimi provvedimenti dell’amministrazione Trump, emanato il 4 dicembre scorso, vi è il ritiro delle truppe statunitensi dalla Somalia, di stanza nel paese africano con la motivazione della lotta all’organizzazione terroristica al-Shabaab.

Il piano è stato completato il 15 gennaio.

Ma ora, sotto la nuova amministrazione Biden, potrebbe essere agevolmente rovesciato.

Così almeno richiedono a gran voce diversi analisti, come risulta dalle pagine di Foreign Policy, che, già il 13 gennaio, ha definito il ritiro delle truppe come “una minaccia alla sicurezza” ed attribuisce il successo di Mogadiscio nel contenere al-Shabaab proprio al supporto degli Stati Uniti.

La testata insiste inoltre che la mossa potrebbe avere un impatto notevole su altri paesi della regione alleati chiave di Washington, come Etiopia e Kenya.

Proprio lo stesso giorno dell’inaugurazione di Biden alla Casa Bianca, mercoledì 20 gennaio, si è verificato nella capitale l’ennesimo attentato di al-Shabaab, che ha visto la morte di quattro persone.

Mentre martedì 27 gennaio il Dipartimento di Stato USA ha denunciato la presenza di migliaia di combattenti eritrei in Etiopia, dove si sono registrati assalti ai campi profughi nella regione del Tigray, con episodi di stupri e saccheggi.

Sempre Washington, alla luce degli eventi, ha chiesto “un immediato e pieno accesso umanitario alla regione.”

L’Etiopia è scossa dall’instabilità politica, con i leader del Tigray che contestano la legittimità dell’attuale Primo Ministro Abiy Ahmed, e viceversa. Nuove elezioni dovevano tenersi l’anno scorso, ma sono state sospese per via della pandemia.

Sulla Siria, ancora non vi sono al momento dichiarazioni ufficiali esplicite da parte del Pentagono.

Secondo la testata saudita Arab News, l’amministrazione Biden riprenderà il coinvolgimento in territorio siriano, per quanto interventi militari su larga scala saranno esclusi a favore della presenza di gruppi militari più piccoli per contrastare il terrorismo ed il nuovo Segretario di Stato Antony Blinken cercherà di non ripetere gli errori commessi nell’era Obama.

Le indiscrezioni dicono che ci sarà comunque un aumento numerico delle forze statunitensi in campo.

Nel frattempo, i cacciabombardieri USA B-52 hanno ripreso a sorvolare la regione poco dopo l’insediamento di Biden del 20 gennaio.

La priorità, ad ogni modo, verrà data al contrasto alle forze russe e iraniane nella regione, nonché all’affrontare il programma nucleare iraniano.

Commenta la giornalista investigativa americana Abby Martin, intervistata da una testata tedesca, “Quello di Biden è un gabinetto di guerra. Antony Blinken supportò la guerra illegale all’Iraq nel 2003 e la guerra contro la Libia mentre serviva nel Dipartimento di Stato sotto Obama. Jake Sullivan, consigliere di Biden per la Sicurezza Nazionale, fu uno dei principali consiglieri di Hillary Clinton, spingendo per l’attacco alla Libia. Avril Haines, a capo delle agenzie d’intelligence, aiutò a silenziare le torture commesse dalla Cia. Infine Lloyd Austin, Segretario alla Difesa, fa parte del Consiglio di Amministrazione della corporation militare Raytheon e ne possiede le azioni.”

 

Leni Remedios

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