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Sanremo premia gli esterni ed i dipendenti Rai restano ostaggio di un codice etico anacronistico

 

di Monica Macchioni

Apprezzo da sempre Barbara Palombelli. Come donna e come professionista e mi domando come mai l’Usigrai si svegli solo oggi. Dopo aver letto centinaia di polemiche sul Festival, mi chiedo: come mai tutti ad indignarsi ora? Lo scorso anno a Sanremo c’era la Leotta e per due anni si è vista Ilaria D’Amico, dirette concorrenti delle giornaliste sportive Rai e nessuno ha mosso un dito. Nessuno si indignava, e l’Usigrai taceva. Oggi spunta per Sanremo il nome di una validissima collega – volto Mediaset per una trasmissione molto seguita e molto autorevole – e l’Usigrai è sulle barricate. Qual è il senso di tanta disparità di trattamento? Forse i giornalisti e le giornaliste di RaiSport fanno parte di un’altra azienda e dunque l’Usigrai gli scorsi anni non ha avvertito la minaccia della tv concorrente che invece vede oggi davanti a sè come un macigno insormontabile? Trattasi forse di giornalisti di serie B? Oppure davanti alla legge siamo tutti uguali ma qualcuno è più uguale di altri? Il rispetto delle regole vale cioè solo per qualcuno? E sapete perchè i colleghi Rai non dicono nulla?

Non certo perchè pensano che non si possa puntare sulle validissime e autorevoli e collaudate professionalità interne che nel servizio pubblico ci sono e sono tante – sia fra i giornalisti sportivi – vedi Paola Ferrari – che fra i giornalisti politici o di cronaca – i nomi sono tantissimi c’è solo l’imbarazzo di ricordarli, – da Sonia Sarno ad Alessandra Carli, da Francesco Giorgino a Simonetta Guidotti, da Caterina Balivo ad Alberto Marano, da Monica Setta a Paolo Corsini, da Eleonora Daniele a Valentina Bisti, da Barbara Romano a Mariella Venditti, da Bianca Berlinguer a Massimiliano Lenzi, da Luciano Ghelfi ad Adele Ammendola, da Fabrizio Frullani a Laura Pintus, da Daniele Rotondo ad Angelo Polimeno, da Anna Piras a Roberta Serdoz, tutti volti noti del piccolo schermo Rai, tutti bravi e preparati, tutti alla altezza di una conduzione sanremense! – o perchè siano d’accordo nel lasciare spazio a colleghi di reti concorrenti ma perchè in azienda esiste un “misterioso e temibile oggetto” che come un trojan si attiva a corrente alternata che si chiama “codice etico”, per cui se ti azzardi a protestare ecco che posso sanzionarti.

Insomma una moderna e subdola forma di censura che non consente nemmeno di urlare alla censura perchè anche solo una semplice e legittima critica, soprattutto quando è fondata, viene immediatamente configurata come atteggiamento anti-aziendale e quindi punito. A tal proposito è quasi comico ricordare come la politica abbia nominato nei decenni nuovi Direttori Generali- oggi amministratori delegati, ma nulla cambia! – che appena arrivati si siano tutti riempiti la bocca di buoni propositi dicendo – senza crederci – che la loro intenzione era proprio in ottemperanza alla delicatissima funzione informativa e formativa del servizio pubblico quella di puntare sulle risorse interne Rai. E così hanno fatto nei decenni centinaia di nomine di esterni alla Rai presi da aziende concorrenti che a loro volta hanno inserito quadri apicali ed intermedi provenienti da altre aziende. E oggi qualcuno si indigna e si scandalizza per la Palombelli a Sanremo? Ma allora siamo su Scherzi a parte!

Parlando seriamente: quando libereremo i giornalisti Rai dalla censura? Quando aboliremo un codice etico scritto in modo antistorico e anacronistico? Questa è una battaglia di civiltà e di democrazia che dovrebbe interessare l’Usigrai. Liberare le intelligenze che stanno in azienda, valorizzarle, far emergere le capacità dei singoli, favorire il dinamismo, la creatività, non ingessare le procedure, non mettere lacci e lacciuoli. Rimettere la professione del giornalista e del reporter al centro, svincolato dalle pressioni politiche e di corrente, libero dalle ingerenze. Ma vi pare possibile che oggi un giornalista Rai per scrivere su un settimanale o su un quotidiano debba chiedere il permesso alla azienda? Vi pare normale che per essere ospite in trasmissioni della stessa azienda abbia bisogno di un consenso scritto? E se viene negato? Su quali basi? Ecco, io credo che oggi il sindacato dovrebbe battersi per la libertà di stampa e per la libertà del giornalista. Oggi in Rai dovrebbe essere possibile criticare con garbo tutto e tutti, anche i vertici dell’azienda quando dimostrano incapacità conclamata. E abbiamo avuto più di un esempio, purtroppo, di personaggi imposti dalla politica che hanno devastato reti e azienda. Perchè un giornalista non è un servo della gleba ma un libero cittadino, anzi un cittadino che ha fatto della libertà e della verità la sua missione di vita. Tutto il resto è noia.

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