Nella notte di venerdì 26 febbraio, in aperta violazione del diritto internazionale, su ordine del presidente Joe Biden, gli Stati Uniti hanno bombardato alcune strutture nell’Est della Siria di cui si servirebbero, a detta del Pentagono, le milizie filo iraniane, tra cui Kata’ib Hezbollah e Kata’ib Sayyid al-Shuhada. Almeno 22 le vittime.
Il tutto dopo aver accettato l’invito di Bruxelles “a partecipare a una riunione dei P5+1 e dell’Iran per discutere una via diplomatica sul programma nucleare iraniano”.
Mosca è stata avvertita da Washington cinque minuti prima dell’attacco: di un simile avvertimento “non ce ne facciamo nulla”, ha commentato il capo della diplomazia russa, Sergej Lavrov.
Secondo il sito di informazioni Axios, le autorità israeliane sarebbero invece state informate giovedì mattina nel corso dei colloqui tra il Pentagono e il ministero della Difesa israeliano.
Sempre Axios rivela che Usa e Israele hanno concordato di rilanciare un gruppo di lavoro strategico sull’Iran con l’obiettivo di coordinare una risposta comune alla politica della Repubblica Islamica.
I primi colloqui sono previsti a breve.
I mass media presentano l’accaduto come una rappresaglia per l’attacco missilistico del 15 febbraio nei pressi di Erbil, in Iraq, contro obiettivi statunitensi.
Ma come scrive Associated Press, a martedì gli Usa erano ancora in attesa dell’esito dell’indagine condotta da Baghdad.
“In questo momento non siamo in grado di indicare con certezza gli autori dell’attacco”, “aspettiamo che le indagini vengano concluse e poi, quando avremo altro da dire, lo faremo”, aveva dichiarato il portavoce del Pentagono, John Kirby.
Per non parlare del fatto che gli Stati Uniti avrebbero dovuto da tempo lasciare l’Iraq: già nel gennaio dello scorso anno, il governo iracheno aveva chiesto a Washington di dare il via alla pianificazione del ritiro delle truppe Usa dal Paese mediorientale, implementando così il voto del parlamento iracheno successivo all’assassinio del generale iraniano Qasem Soleiman.
Il 7 aprile 2017, l’attuale portavoce della Casa Bianca, Jen Psaki, metteva in dubbio la legalità dei bombardamenti sulla Siria approvati da Donald Trump.
Staremo a vedere in che modo giustificherà l’operato dell’amministrazione dem.
Ad aumentare ulteriormente la tensione nella zona, la notizia che l’Iran è il sospettato numero uno di Israele per l’esplosione avvenuta giovedì sulla nave da trasporto israeliana Helios Ray nel Golfo di Oman.
Nel frattempo, l’amministrazione Biden ha reso pubblico il rapporto della CIA del 2018 sull’uccisione del giornalista saudita Jamal Khashoggi.
Il documento accusa il principe ereditario saudita, Mohammad bin Salman, di avere approvato l’operazione che portò alla morte di Khashoggi.
In seguito alla pubblicazione, il Dipartimento del tesoro degli Stati Uniti ha emesso sanzioni contro 76 cittadini sauditi, tra cui l’ex vice capo dell’intelligence, Ahmed al-Asiri.
Ma nella lista manca il nome del principe ereditario.
Giulia Zanette