Un passo indietro per andare avanti in una storia italiana vergognosa. L’ex magistrato Luca Palamara qualche tempo fa ha deciso di raccontare le porcherie della categoria nella quale ha militato per molti anni. Non soddisfatto ha rilasciato una lunga intervista ad Alessandro Sallusti, direttore del Giornale, il quale ne ha ricavato un libro per Rizzoli che ha avuto un successo di vendite straordinario, essendo ancora in vetta a ogni classifica commerciale.
Segno che il tema giudiziario interessa assai al pubblico italiano, frastornato dalle notizie riguardanti il cattivo funzionamento della Giustizia. E fin qui c’è poco da stupirsi, in quanto gli errori macroscopici delle toghe non costituiscono affatto una novità. C’è una cosa invece di questa vicenda anche editoriale che meriterebbe una spiegazione approfondita.
Tutti sanno, perfino io che non ho una cultura giuridica raffinata, che nel nostro ordinamento esiste l’obbligatorietà dell’azione penale. Vuol dire che se una Procura viene a conoscenza di una notizia di reato deve procedere, aprendo una inchiesta. Ebbene, nel tomo pubblicato un paio di mesi fa, e firmato dal mio collega Sallusti, è contenuta la descrizione puntigliosa di numerosissime scorrettezze commesse da pm e giudici di vario grado, sulle quali stando alle regole bisognerebbe aprire procedimenti onde verificarne la legittimità o meno. Eppure tutto tace. Non c’è l’ombra di un procuratore che abbia sentito il dovere di fare chiarezza sugli episodi narrati da Palamara.
Mi domando per quale motivo tutto il materiale scottante raccolto da Sallusti sia rimasto e rimanga lettera morta, come si trattasse di bazzecole. È vero che ogni corporazione tende a proteggersi da attacchi esterni, ma ciò non giustifica chi amministra la legge a violarla impunemente. Un minimo di onestà imporrebbe ai magistrati di dimostrare al popolo che pure nella loro casta. Non vi sono intoccabili, e che chi sbagliane deve rispondere. Ogni cittadino che sgarra nel nostro Paese viene sanzionato, tranne lor signori dei tribunali, i quali, se incorrono in eventuali svarioni, la fanno franca: i risarcimenti sono a carico dello Stato. Ovvio che i magistrati, essendo sollevati da ogni onere economico, agiscano a cuor leggero e talvolta scivolino in una inesattezza di giudizio fottendosene delle loro vittime.
Tornando alla obbligatorietà dell’azione penale, ci appelliamo al presidente della Repubblica affinché si impegni a far rispettare la norma. E non comprendiamo la ragione per cui non abbia ancora agito, pur essendo egli il capo del Csm. Siamo al corrente che è impegnato in mille manifestazioni pubbliche, soste davanti a lapidi di defunti, commemorazioni di ogni genere, consegna di onorificenze, tuttavia lo preghiamo di dedicare un po’ di attenzione pure a chi usa la toga come uno straccio.
[Dall’edizione odierna di ‘Libero’, a firma V. Feltri]
