La riforma della Giustizia della ministra Marta Cartabia “rischia di segnare un ulteriore incremento di prestigio per le organizzazioni mafiose”, perchè “i boss si dimostrano sempre capaci di celebrare i loro processi ed emettere le loro sentenze, mentre lo Stato dimostrerebbe la sua impotenza”. Ad affermarlo in un’intervista a ‘Il Fatto Quotidiano’ è il consigliere del Csm Nino Di Matteo, per il quale la riforma “ricorda per analogie evidenti la cosiddetta riforma del processo breve dell’ultimo governo Berlusconi, che rappresentava un pericolo per la tenuta stessa del sistema democratico”.
“Le somiglianze tra le due riforme – prosegue Di Matteo – sono evidenti e il mio giudizio è fortemente negativo e preoccupato. Quando parlo di analogie mi riferisco ovviamente al meccanismo dell’improcedibilità: farà andare in fumo molti processi e sarà equivalente a una denegata giustizia. Non solo per le vittime, ma pure per gli imputati che magari sono innocenti e hanno diritto a una sentenza di merito”. Secondo il magistrato, “il meccanismo dell’improcedibilità costituisce non solo un grave arretramento nel funzionamento del sistema di giustizia in generale, ma rischia di rappresentare un ulteriore arretramento nella fiducia che i cittadini devono nutrire nella giustizia”. E se anche venissero esclusi i reati di mafia dal meccanismo dell’improcedibilità, il giudizio di Di Matteo resterebbe comunque di “preoccupazione”, perchè “l’improcedibilità continuerebbe a riguardare molti altri processi per reati gravi, tra i quali quelli contro la Pubblica amministrazione, tipici della criminalità dei colletti bianchi. Quelli continuerebbero a rischiare di andare in fumo”.