Una recente Risoluzione del Parlamento europeo del 16 settembre 2021 ha chiesto alla Commissione europea di proporre una direttiva globale che inserisca la violenza di genere nell’elenco dei reati previsti dall’art. 83, par. 1, del Trattato sul funzionamento dell’UE.
Tale disposizione prevede che il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria, possano, mediante direttiva – atto vincolante solo nello scopo, che quindi crea obblighi di adeguamento in capo agli Stati membri, cui spetta la scelta dei mezzi più adeguati di attuazione – stabilire “norme minime relative alla definizione dei reati e delle sanzioni in sfere di criminalità particolarmente grave che presentano una dimensione transnazionale derivante dal carattere o dalle implicazioni di tali reati o da una particolare necessità di combatterli su basi comuni”.
Si tratta di una delle due competenze dell’Unione in materia penale, c.d. “indiretta” in quanto consente all’Unione, senza istituire fattispecie penali direttamente applicabili, di predisporre gli elementi essenziali dei reati e delle relative sanzioni, sebbene unicamente negli ambiti individuati dal Trattato (terrorismo, tratta degli esseri umani e sfruttamento sessuale delle donne e dei minori, traffico illecito di stupefacenti, traffico illecito di armi, riciclaggio di denaro, corruzione, contraffazione di mezzi di pagamento, criminalità informatica e criminalità organizzata), i quali possono essere estesi da una deliberazione unanime del Consiglio europeo, previa approvazione del Parlamento europeo.
La seconda tipologia di competenza penale dell’Unione è quella prevista al paragrafo 2 del medesimo articolo, che prevede la cd. “competenza penale indiretta accessoria”, che può esplicarsi laddove il ravvicinamento delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri in materia penale si riveli indispensabile per garantire l’attuazione efficace di una politica dell’Unione in un settore che è stato oggetto di misure di armonizzazione. In tale caso, norme minime relative alla definizione dei reati e delle sanzioni nel settore in questione possono essere stabilite tramite direttive.
Resta ferma la possibilità per lo Stato membro di opporsi all’adozione della direttiva qualora essa possa incidere «su aspetti fondamentali del suo ordinamento giuridico», così determinando la sospensione della procedura o la possibilità di instaurare una cooperazione rafforzata tra almeno nove Stati.
Ebbene, con la risoluzione del 16 settembre scorso, il Parlamento europeo ha ritenuto che la violenza di genere possa costituire un reato particolarmente grave e una violazione diffusa dei diritti e delle libertà fondamentali nell’Unione e che, come tale, debba essere affrontata con maggiore efficienza e determinazione su basi comuni. Poiché essa è il risultato di disuguaglianze di genere strutturali, sociali e sistemiche che presentano una dimensione transfrontaliera, risulta necessario che il contrasto venga effettuato su una base comune, che vengano istituite norme minime comuni relative alla definizione di reati e sanzioni, alla definizione di violenza di genere, di prevenzione, di omissione della denuncia, di protezione, di sostegno, di risarcimento e di perseguimento dei colpevoli.
In tal senso, è auspicabile una direttiva globale sulla violenza di genere che dia attuazione alla convenzione di Istanbul e altre norme internazionali, come le raccomandazioni sulla violenza di genere del Comitato delle Nazioni Unite per l’eliminazione della discriminazione contro le donne, che comprenda: misure di prevenzione, anche attraverso programmi di istruzione sensibili alla dimensione di genere; servizi di sostegno e misure di protezione e risarcimento per le vittime; misure minime di contrasto a tutte le forme di violenza di genere; l’imposizione di obblighi agli Stati membri per garantire che i diritti di affidamento e di visita relativi a minori siano adeguatamente presi in considerazione nei casi di violenza di genere; misure per garantire che le informazioni siano fornite in tutte le lingue pertinenti e per garantire la cooperazione tra gli Stati membri e lo scambio di migliori prassi, informazioni e competenze.