I voti ottenuti da Elisabetta Casellati, nel quinto scrutinio, sono 382. Il centrodestra ha 453 grandi elettori. Dunque, a spoglio concluso, mancano all’appello 71 voti
Dopo il flop in Aula della Casellati, il centrodestra si lecca le ferite e prova a ricompattarsi dopo le accuse reciproche di franchi tiratori.
Il centrodestra pronto a ‘mollare’ la pista Casellati, dopo il risultato raggiunto al quinto scrutinio sull’elezione del presidente della Repubblica. Accuse incrociate tra gli alleati della coalizione. “I 208 voti della Lega sono andati compatti alla presidente Casellati”, spiegano fonti del partito di via Bellerio. Fratelli d’Italia fa sapere di aver votato compatta per la seconda carica dello Stato. Nel mirino Forza Italia. Fonti parlamentari del centrodestra sottolineano che con questi numeri in campo la ‘pista’ Casellati sarà abbandonata.
Fonti parlamentari del centrodestra riferiscono che mentre ieri sera il presidente del Senato Casellati chiedeva di essere votata, già questa mattina aveva fatto pervenire alcuni dubbi, legati alla strategia del fronte progressista di non partecipare al voto alla prima chiama e di astenersi alla seconda. Come facciamo a recuperare i voti?, la domanda che era piombata sul tavolo del centrodestra riunito questa mattina.
I voti andati a Tajani e Berlusconi arrivano, la convinzione di Fdi e Lega, dai franchi tiratori dentro il partito azzurro. Una sorta di regolamento interno al partito, mentre quelli su Mattarella arriverebbero – il sospetto dei partiti di Salvini e Meloni – dai centristi.
A testimoniare la tensione nel partito il batti e risposta tra La Russa e Toti dopo il voto. “State festeggiando?”, dice La Russa a Toti. “Vi lascio andare avanti afferma il presidente della Regione Liguria che poi alle telecamere sottolinea che non è in gioco una partita nel centrodestra ma sulle elezione del presidente della Repubblica”.
E ora? E’ in corso alla Camera un vertice dei leader per un’analisi del voto, ma la netta sensazione, raccontano fonti parlamentari, è che bisognerà rinunciare al nome della Casellati per evitare di esporre la seconda carica dello Stato a un nuovo fuoco fila.