L’insindacabilità parlamentare rientra tra le cosiddette immunità parlamentari e costituisce la più importante tra le prerogative del parlamentare
L’Assemblea di palazzo Madama, ha approvato questa mattina alcuni documenti definiti dalla Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari in materia di insindacabilità, ai sensi dell’articolo 68, primo comma, della Costituzione. Il particolare si tratta di tre documenti relativi al senatore Mario Michele Giarrusso (Misto) rispettivamente nell’ambito di un procedimento penale, di un procedimento civile pendente dinanzi al Tribunale di Potenza e di un procedimento penale avviato dalla procura della Repubblica presso il tribunale di Catania. E ancora, è stato approvato un documento in relazione ad un procedimento penale nei confronti del senatore Stefano Candiani (Lega) avviato dalla procura della Repubblica presso il tribunale di Catania e un altro nei confronti dell’ex senatore Carlo Giovanardi.
L’insindacabilità parlamentare rientra tra le cosiddette immunità parlamentari e costituisce la più importante tra le prerogative del parlamentare. In base ad essa, il parlamentare, anche se cessato dalla carica, non può essere chiamato a rispondere giuridicamente dei voti dati e delle opinioni espresse nell’esercizio delle sue funzioni. In base al parere della Giunta delle elezioni l’Aula ha quindi stabilito l’insindacabilità nei confronti dell’ex esponente del Movimento cinque stelle Giarrusso che avrebbe potuto essere processato per diffamazione.
Sono due i procedimenti che sarebbero potuti essere di natura penale: alcune sue dichiarazioni rilasciate al quotidiano “La Verità” ed un post comparso sui social network per cui era stato querelato. Per il senatore della Lega, Stefano Candiani, l’insindacabilità ottenuta riguarda una querela dell’Associazione Antimafia Rita Atria per pubblicazione su fb nel 2018 di un video in cui si ravvisava il reato di accusato di istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale.
Infine l’ex senatore Carlo Giovanardi aveva un procedimento aperto dal tribunale di Modena nel 2020 sul cosiddetto caso White List, in cui era accusato di pressioni in favore di aziende vicine alla N’drangheta.
