Un governo a fine corsa, con tre delle principali forze di maggioranza che non votano la fiducia, ma nemmeno sfiduciato da un voto contrario. Mario Draghi esce oggi da una giornata convulsa con ancora un voto di sostegno seppure risicatissimo e che non raggiunge la maggioranza.
I passaggi che tutti si attendono ora, dunque, sono la sua salita al Quirinale, non stasera ma domani, molto probabilmente dopo aver fatto un passaggio alla Camera, poi un colloquio con il presidente della Repubblica per certificare la conclusione del suo esecutivo. Una possibilità sarebbe che il premier presentasse le dimissioni ma queste venissero di fatto congelate, per permettergli di proseguire nel suo impegno di governo con una attività ordinaria e non solo per gli affari correnti. Draghi potrebbe addirittura varare la manovra ai primi di settembre, in attesa del voto politico.
Dopo questo passaggio al Quirinale, il Capo dello Stato dovrebbe incontrare i presidenti delle Camere, come prescrive la Costituzione, per poi sciogliere le Camere. Sono state infatti esperite di fatto tutte le maggioranze possibili e mancano solo pochissimi mesi alla fine naturale della legislatura, arrampicarsi in altri governi tecnici o balneari, per di più in presenza di un governo ancora non bocciato, sarebbe una acrobazia. Una volta sciolte le camere il governo dovrebbe scegliere la data del voto, in autunno, tra il 18 settembre e il 2 ottobre, molto probabilmente.
Nel frattempo, appunto, Draghi potrebbe gestire l’attività di governo ordinaria, come già fece uno dei suoi maestri, Carlo Azeglio Ciampi, quando a gennaio del 1994 rassegnó le dimissioni, che furono respinte dal presidente Scalfaro.