“Questo centro è pasta frolla”, “un centro senza aggettivi e senza qualità”. Così in un’intervista a Qn, Paolo Cirino Pomicino, ex ministro Dc al bilancio, che parlando del centro sostiene: “In questi mesi si usa questa parola come se fosse un cartello stradale – sottolinea -. Attenzione: non è un problema di definizione, ma di contenuti perchè il centro non può che essere liberale o popolare”. E aggiunge: “Al di là di queste due grandi famiglie non può che trascinarsi un centro tartufesco e paesano a cui affluiscono tutti i soggetti che oggi dicono di essere centristi – dice -, e mi riferisco a Toti, Calenda, Renzi, Di Maio, Brunetta, Gelmini, Brugnaro, Quagliariello e così via. Tutti amici personali, ma tutti aggrovigliati da 30 anni in un ginepraio personalistico”.
Secondo Pomicino manca “in ciascuno di loro la decisione di assumere, come punto di riferimento e aggregazione, una cultura politica. Se noi siamo popolari o liberali, ci definiamo tali, non ci chiamino Azione o Insieme o Italia Viva o Identità e Azione. E’ la dimostrazione che questi sono incerti anche su chi sono veramente”. Pomicino non crede che il centro sarà la sorpresa alle prossime elezioni.
“Io ho assistito in questi mesi a un crescendo del processo di frantumazione del centrodestra e del centrosinistra. Ma non vedo all’orizzonte un processo di ricomposizione culturale e politica”, e aggiunge “nessuno ha fatto una vera riflessione sul disastro di questi 28 anni di Seconda Repubblica. E nessuno, compresi questi nuovi centristi, si è veramente impegnato a far risorgere quelle due culture, popolare e liberale, che costruirono l’Italia repubblicana e l’Europa comunitaria”.