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Parlamento: La discussione sul vincolo dei 2 mandati è aperta, ma adesso non solo nel M5s

Sospiri di sollievo nei Palazzi romani, in casa M5s e Pd, dove i rispettivi statuti prevedono dei limiti ai mandati parlamentari, per l’esattezza due tra i pentastellati e tre tra i Dem. Oggi la Direzione del Pd ha approvato un regolamento elettorale con delle deroghe che salva molti big, mentre per il Movimento di Grillo si paventano tre deroghe per Roberto Fico, Paola Taverna e Alfonso Bonafede. La capogruppo di M5s Mariolina Castelloni ha ammesso che sul vincolo dei due mandati “la discussione è aperta” dopo le parole di Beppe Grillo in favore del mantenimento.

I boatos in Transatlantico davano tre deroghe per il presidente del Senato Fico, per la vicepresidente del Senato Taverna e per l’ex Guardasigilli Bonafede, l’esponente che ha portato nel 2018 Giuseppe Conte nel Movimento. Il Pd ha formalizzato i criteri delle candidatura approvando in Direzione nazionale un Regolamento. Non saranno candidati i sindaci di città con più di 20mila abitanti, mentre per i parlamentari con più di tre mandati è stata adottata una interpretazione già seguita nelle ultime due elezioni: sono esclusi solo quelli con più di 15 anni trascorsi sugli scranni. Questa interpretazione abbassa il numero (27) dei parlamentari con tre mandati pieni, visto che quello in corso è durato 4 anni e mezzo. In più deroghe specifiche vengono accordate a chi ha ricoperto o ricopre la carica di segretario nazionale (Dario Franceschini) e quella di Ministro (Roberta Pinotti, Piero Fassino, Andrea Orlando).

Non si salveranno, a meno che chiedano a Letta una deroga, big come i senatori Antonio Misiani, Salvatore Margiotta e Luigi Zanda (che ha già detto che non chiederà deroghe) e come i deputati Emanuele Fiano, Michele Bordo e Barbara Pollastrini. Ma se gli uscenti che hanno fatto 14 anni e mezzo hanno tirato un sospiro di sollievo, il segretario Letta ha fatto capire di non aspettarsi seggi sicuri, ma che chiederà a tutti di “candidarsi a casa propria”, specie nei collegi uninominali, dove saranno chiamati ad “andarsi a cercare i voti casa per casa”, per cercare di strappare qualche seggio al centrodestra. Cosa non semplice per esempio per i dirigenti siciliani come Peppe Provenzano.

Lunedì il governatore emiliano Bonaccini aveva fatto lo spesso appello fatto oggi da Letta, visto che molti aspirano a una candidatura in Emilia e Toscana. Al termine della Direzione, ad esempio, i deputati toscani hanno ironizzato in Transatlantico sul fatto che Marco Furfaro si sia definito “toscano”. Abita vicino casa mia qui a Roma, ha detto Fausto Raciti che probabilmente correrà in Sicilia, mentre Stefano Ceccanti, eletto a Pisa ha glossato: “nessun toscano si definisce toscano, ma pisano, livornese, fiorentino”. Ora comporre il puzzle spetta al pisano Letta.

di Giovanni Innamorati Ansa

 

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