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L’importanza della parità di genere nelle imprese e in politica a 75 anni dall’entrata delle donne in parlamento

Il divario di genere in politica e nelle imprese, il vantaggio anche economico di certificare la parità, l’inclusione che stimola l’innovazione e porta maggiori profitti e gli strumenti dal pubblico per sanare gli squilibri ancora esistenti: questi i temi attorno ai quali si è sviluppato il dibattito organizzato dalla vicepresidente del Terzo polo, Elena Bonetti, in collaborazione con Comin & Partners, dal titolo “Parità che genera. L’importanza della parità di genere nelle imprese e in politica a 75 anni dall’entrata delle donne in parlamento” che si è svolto oggi alle presso la sala del Refettorio della Camera dei deputati.

L’evento si è aperto con un videomessaggio di saluto di Marina Elvira Calderone, ministro del Lavoro e delle politiche sociali, che ha cosi’ dichiarato: “La parità di genere rappresenta un pilastro della declinazione di sostenibilità sociale. Ce lo ricorda l’Onu, che pone come quinto tra gli obiettivi per lo Sviluppo sostenibile le pari opportunità tra donne e uomini nello sviluppo economico, l’eliminazione di tutte le forme di violenza nei confronti di donne e ragazze e l’uguaglianza di diritti a tutti i livelli di partecipazione”. “E’ elemento trasversale nel Pnrr, costruito con una prospettiva di genere”, ha sottolineato Calderone, che ha aggiunto: “E’ sotto l’attenzione degli investitori, che sempre piu’ guardano agli obiettivi Esg e alla Gender equality nelle imprese. Il migliore augurio, e obiettivo, che possiamo regalare alla società è quello di operare affinchè sia possibile superare o eliminare gli ostacoli che si frappongono alla reale partecipazione delle donne alla vita del Paese”.

La parità di genere e l’empowerment femminile “sono una potente leva di sviluppo e di compimento della nostra democrazia”, ha invece dichiarato Elena Bonetti, vicepresidente del Terzo Polo, già ministra per le Pari opportunità e la famiglia. “Per il futuro dell’Italia è cruciale raggiungerle, e per questo in questi anni abbiamo scelto un metodo nuovo, un approccio integrato di collaborazione tra istituzioni e imprese, di definizione degli obiettivi e della governance, di valutazione dei risultati”, ha aggiunto Bonetti, che ha concluso: “La strategia nazionale e la certificazione per la parità di genere sono due strumenti fondamentali e innovativi, che danno conto di questo metodo legislativo, capace di attivare processi virtuosi e creare alleanze in questa direzione”.

Sul supporto alla genitorialità, cancellazione del gender pay gap e le pari opportunità di carriera, Elena Di Giovanni, vice presidente e co-fondatrice di Comin & Partners e moderatrice dell’evento ha commentato che “le imprese non possono essere lasciate sole”, e per questo “è importante che le istituzioni dotino il privato di strumenti pronti all’uso per stimolare un maggior equilibrio tra i generi, a vantaggio di tutta la comunità e del sistema Paese”.

I vantaggi legati alla parità di genere sono numerosi. Il percorso di certificazione, che ha una durata media tra i sei e gli otto mesi, da’ diritto a una decontribuzione il cui massimale raggiunge i 50 mila euro (dati Accredia). Eppure, ad oggi le aziende certificate sono meno di 200 (dati riportati da “Il Sole 24 Ore”). Non solo, secondo il Diversity brand index, le imprese certificate fatturano il 23 per cento in piu’. Inoltre, incentivare l’equilibrio di genere garantisce una serie di benefici intangibili, tra i quali la spinta all’innovazione e una crescita della reputazione nel mercato. Dal mondo delle imprese arriva qualche segnale positivo.

L’ultima analisi di Manageritalia dimostra che il numero di donne manager cresce del 13,5 per cento (rispetto al 3,6 per cento degli uomini). Restano, però, alcuni rallentamenti negli sviluppi professionali delle donne, legati, per esempio, al congedo di maternità e al cosiddetto “gradino rotto”, ossia lo svantaggio sperimentato dalle professioniste, rispetto ai colleghi, negli scatti di carriera verso i vertici. Anche in politica è necessario fare dei passi avanti. L’Italia, infatti, si posiziona sotto la media europea. Il nostro primo ministro e la leader del primo partito all’opposizione sono donne ma la percentuale femminile di seggi in Parlamento si e’ abbassata al 31 per cento, segnando il primo calo in 20 anni.

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