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In 400 mila per Francesco tra grandi e ultimi del mondo

Ph: F. Troccoli

“Nonostante la sua finale fragilità e sofferenza si è donato “fino all’ultimo giorno della sua vita terrena” e “di fronte all’infuriare delle tante guerre” dagli “orrori disumani” “ha incessantemente elevato la sua voce implorando la pace” invitando a trovare le soluzioni possibili. Il cardinale Giovanni Battista Re, decano del Collegio cardinalizio, nella sua omelia, durante la messa esequiale di Papa Francesco, ha delineato con commozione il carisma e il filo conduttore della missione del Pontefice argentino.

Tanti gli applausi che hanno interrotto le parole di Re, davanti ai potenti della Terra, che Francesco ha esortato più volte al cercare un dialogo, e che ora, nel giorno del suo ultimo saluto al mondo terreno, sembra, a giudicare dalle foto che circolano, abbiano ricominciato a dialogare. Nonostante la solennità della messa esequiale, con i suoi riti e gesti (i funerali sono stati trasmessi in diretta in 15 lingue, comprese 4 dei segni), osservando la semplice bara di legno al centro del sagrato di piazza San Pietro, è forte la consapevolezza di come Bergoglio sia stato davvero il Papa di tutti, anzi di “todos, todos, todos”, come lui piu’ volte amava ripetere.

Ph: F. Troccoli

Il cardinale Re ha rimarcato quanto per Francesco la Chiesa doveva essere “una casa per tutti; una casa dalle porte sempre aperte”. Il porporato ha ripreso l’immagine tanto cara del Papa, “della Chiesa come ‘ospedale da campo’ dopo una battaglia in cui vi sono stati molti feriti; una Chiesa desiderosa di prendersi cura con determinazione dei problemi delle persone e dei grandi affanni che lacerano Il mondo contemporaneo; una Chiesa capace di chinarsi su ogni uomo, al di la’ di ogni credo o condizione, curandone le ferite”.

E poi gli “innumerevoli gesti” ed esortazioni in favore dei rifugiati e dei profughi: come il viaggio a Lampedusa (il primo di Bergoglio compiuto in Italia) e a Lesbo o la toccante celebrazione della messa al confine tra il Messico e gli Stati Uniti. Nella storia resterà il viaggio in Iraq “compiuto sfidando ogni rischio”, ha osservato il porporato sottolineando le due parole chiave di Papa Francesco: “misericordia e gioia del Vangelo”. il suo intenso pontificato ha toccato “le menti e i cuori”, ha precisato il decano del Collegio cardinalizio ricordando la “grande spontaneità” di Francesco, il suo “linguaggio ricco di immagini e di metafore”.

Un Papa “in mezzo alla gente con cuore aperto verso tutti”, vicino a tutti, “con spiccata attenzione alle persone in difficoltà, spendendosi senza misura, in particolare per gli ultimi della terra, gli emarginati”, un Papa che non si stancava di denunciare la “cultura dello scarto” e di contrapporre a essa una “cultura dell’incontro e della solidarietà”. Oltre 250 mila le persone presenti sul sagrato. Accanto ai grandi della Terra, il popolo che Francesco amava: gli ultimi, i dimenticati. Come il gruppo composto da poveri, migranti, transgender e detenuti, che ha accolto il feretro del Papa argentino, a Santa Maria Maggiore, dopo un corteo funebre, che ha percorso i luoghi simbolo di Roma, tra due ali di folla.

Nel tragitto verso la basilica che custodisce l’icona amata da Francesco, la Salus Populi Romani, in migliaia sono scesi in piazza (oltre 150 mila) per applaudire al passaggio della papamobile (usata nel suo viaggio in Messico nel 2016) e riadattata. Papa Francesco “soleva concludere i suoi discorsi e i suoi incontri dicendo: ‘Non dimenticatevi di pregare per me'”, ha concluso il celebrante Re. “Caro Papa Francesco, ora chiediamo a Te di pregare per noi e che dal cielo Tu benedica la Chiesa, benedica Roma, benedica il mondo intero. Come domenica scorsa hai fatto dal balcone di questa Basilica in un ultimo abbraccio con tutto il popolo di Dio, ma idealmente anche con l’umanità che cerca la verità con cuore sincero e tiene alta la fiaccola della speranza” (AGI).

E. Ruggiero

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