È arrivato anche quest’anno il 2 giugno, Festa della Repubblica, e il mio pensiero non va soltanto al referendum storico del 1946 in cui le italiane e gli italiani furono chiamati a scegliere tra monarchia e Repubblica. Il mio pensiero va anche e soprattutto agli articoli della nostra Costituzione repubblicana e democratica del 1948.
Diversi articoli ufficialmente onerano la nostra amata Repubblica del compito formale e sostanziale di garantire i diritti inviolabili dell’essere umano e, simmetricamente, del compito di definire precisi obblighi inderogabili per giungere all’effettivo esercizio di quei diritti. Ogni conquista in termini di diritto – occorre ricordarlo – è il frutto complesso di uno sforzo da parte delle politiche legislative evolutive e delle dottrine critiche, ma anche delle meditazioni giurisprudenziali nell’equilibrio dinamico di vari “obiter dicta” propositivi. Ogni conquista dei diritti, anzitutto, è il frutto del sacrificio, del sudore e della voce inarrestabile di chi ha saputo battersi con onore per le cause urgenti della vita individuale ed associata, non per sé ma per il beneficio di tutte e tutti: non possiamo pertanto non batterci oggi per un garantismo serio che concretizzi e assicuri quei diritti, nei luoghi della nostra vita sociale e nelle piazze come nelle sedi di discussione istituzionale. Non possiamo non batterci ancora per far calzare quelle conquiste alla forma che il tempo imprime sulle ‘cose’ che sono oggetto di quei diritti. Non possiamo non batterci per la conquista di nuovi diritti, in concomitanza alle nuove esigenze che pullulano nel nostro tessuto sociale in continuo divenire.
Noi delle generazioni giovani odierne, stando così le cose, abbiamo l’oneroso lusso di poter essere progressisti attraverso gli strumenti nazionali e sovranazionali della diplomazia democratica, partendo dai valori dello Stato di diritto liberalcostituzionale. L’auspicio è che ci si accosti alla Festa della Repubblica 2020 con uno spirito civico sostanzializzato da queste consapevolezze. Si spera possa far ciò la maggior parte degli italiani, popolo coraggioso e laborioso.
Mentre in questo periodo ci sono alcuni nostri concittadini italiani che con un gilet di turno urlano nelle piazze una incosciente volontà di ritornare alla “lira italica”, senza preoccuparsi della conseguente regressione di questa visione a maglie strette sul piano interno ed internazionale, ci sono tanti altri concittadini italiani che ricordano che occorre continuare a coltivare tutti insieme il terreno eurounionale, l’obiettivo progressivo e graduale della matriapatria italeuropea, a cui anelano le necessità storiche delle persone in carne ed ossa di questa fetta d’Occidente allargato e integrante. Occorre far evolvere, non distruggere.
Gli spiriti pensanti, liberi e diversi, che si sono battuti con gli strumenti legali contro il regresso incosciente degli xenopopulismi, degli ecopopulismi, dei biopopulismi, quando sarà il tempo della maturità raccoglieranno i frutti dello spazio di civiltà aperta e iuresecuritaria della matriapatria europea, dell’Europa politica, democratica, socioliberale, evolutiva e robusta per un ruolo progressista nelle relazioni internazionali.
Intanto, godiamoci tutti uniti una prospettiva repubblicana sempre sulla corsia del progresso, il 2 giugno 2020, e ogni altro giorno a venire.
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